APICIO - De arte coquinaria - 1852 copia

9 PREFAZ IONE 8 Q u ai merav i g l i a, se copiando le for inole del le man i po l az i oni dei grec i, e vol tandole in l at ino, si r i tenevano qua e colà parole osate da co l o r o? A* nos t ri g i o rni i n che godono del p r i mo onore i cuochi di F r a n c i a, g f I tal iani si vergognerebbono di non usare ne l le cuc ine le parole di que l la naz ione. Ciò basta, cred i amo, perchè dal la mescolanza del gr eco col lat ino, non si possa determinare che i l comp i l at ore fosse un forest iero, e la età del la compi laz i one. Conc l ud i amo dunque non potersi asserire col L i s t er che i l l i bro non fosse bene conosciuto i nnanzi Va l e r i ano, perché manca– no valevoli do cumen ti a provar lo ; che l'età delle formole non è una, ma mol te • che dopo l a p r ima comp i l az i one altre formole debbono essersi aggiunte, e questo forse fino al la caduta delT Impero d' Occ i dente ; che in s omma r iusc i re con onore i n que– sta r i c e r ca è, se non imposs ibi l e, a lmeno estremamente di f f ici le, e che al postutto sarebbe anche i nut i l e, come più sopra d i cemmo che mo l ti hanno pensa l o. Tu t to ciò i n r i guardo al la compi l az i one, cioè i n r i guardo alle parol e. I n quanto si spetta alle cose, agg iung i amo quel lo che segue. Sono accusati non senza buona rag i one i R oma ni d i sterminata ghi o i torni aj e Seneca, Pe t r on i o, Ma r z i a l e, Gi uv ena le hanno schizzato abbastanza di veleno contra i l oro cont emporane i. Né i l poster iore Ma c r o b io gl i ha r i spa rmi a t i, accusando e P oratore Or t ens io ed i l console Me t e l lo ed a l t ri per t roppa concessione al la gola. E noi non i scenderemo a difendere le somme cure di coloro per nut r i re quadrupedi e pesci o i n quei paese od i n que l- T al t ro per aver li squ i s i t i, e le eno rmi spese per trarne da lontane r e g i o n i; ma s o l– tanto d i remo che fatta eccezione dag l ' i nd i v i du i, l a l oro cuc ina i n mass ima era meno l ontana dal la nos t ra di quanto forse taluno si crede. In fatt i, ciascuno può osservare nel le salse d i A p i c i o, che tol le le troppe erbe aromat i che e sost i tui te le droghe di > che us iamo presentemente, sono s imi l quasi che i n tutto a quel le de ' nos t ri cuoch i. N on s i costumano più por ce l l i, l epri ed agnel li r i p i en i, ma quant 1 è che i n F r a n c ia si costumavano ancora ? I gh i ri e le gru non sono più per no i c ibo squi s i to, ma ai t empi del Boccacc io le g ru compar i vano pure i n sulle mense dei dov i z i os i, e ne fa prova la novel la di Ch i ch i b i o. Ci ascheduno r ide degP imband imenti di l ingue di pappagal l i, ma pochi sanno che Ag o s t i no Ch i gi nel I 5 I 8 offerì a L e one dec imo i n un convi to più che un piatto di quel le l ingue. L e or t i che di mare s i apprestavano eziandio ai g i orni del l 1 A l d r o v and i, cioè correndo i l secolo X V I medes imo. I l l i bro del P l a t i na de honesta voluptate mos t ra come con leggiere modi f i caz ioni le imb an– d i g i oni di A p i c io si accomodavano a i t empi suo i, e c iascuno che vogl ia guardarvi vedrà, che con al tre ugualmente leggiere sono le slesse de' nos t ri g i o rn i.

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