Barricate a Parma_ocred
a _—_ GAETANO ARFE' agosto 1922: un’epopea cittadina Parma celebra quest’anno la sua epopea cittadina di mezzo secolo fa raccogliendo nella rivista del Comune, dell’Amps e dell’Amnu una colle- gata serie di saggi i quali uniscono rigore scientifico e passione civile, sono contributo alla conoscenza storica e saldo di un debito di gratitu- dine agli iniziatori, noti e oscuri, di una tradizione mai più spenta e di cui è simbolo la medaglia d’oro che brilla sul gonfalone della città; che valgono anche a trasmettere alle giovani generazioni, cogliendolo nelle sue scaturigini e passandolo al vaglio della critica storica, un patrimonio di esperienze ispirate a quei valori etico-politici della cui continuità si alimenta il patto di convivenza del nostro popolo solennemente sancito nella costituzione repubblicana. E’ una celebrazione che fuoriesce dalle mura cittadine e che assume dimensioni nazionali, perché tale è la dimensione del quadro in cui esso si inserisce: l’ultima massiccia e decisiva offensiva del fascismo agrario della Valle Padana nel più vasto contesto storico della crisi agonica dello stato liberale. In tale quadro, tinto coi colori del ferro e del fuoco, la vicenda di Parma conserva un suo carattere di spiccata originalità, in cui confluiscono eroismo e intelligenza politica: non è soltanto l’episodio di una difesa vittoriosa e insieme disperata condotta dall’ultima formazione di un esercito in rotta contro i reparti di punta, guidati da un capo spregiu- dicato e audace, imbaldanziti dai sanguinanti successi conseguiti su di un proletariato inerme, è anche l’indicazione di una potenziale e non perseguita alternativa di lotta, tendente, a dare anche se in forme con- fuse, una prospettiva politica allo scontro armato. Qualcuno ha fatto ricorso, per dare una spiegazione alla singolarità del fenomeno di Parma, alla tradizione, ancora relativamente fresca nel 1922, propria del proletariato parmense, il solo nel cui seno avesse attecchito, stabilmente istituzionalizzandovisi come movimento di mas- sa, una Camera del lavoro a orientamento sindacalista-rivoluzionario, cui si legano i nomi di Alceste De Ambris e di Filippo Corridoni, prota- gonista, nel 1908, di uno sciopero imponente, che aveva avuto momenti di carattere insurrezionale, con barricate e scontri a fuoco contro re- parti dell’esercito regio. E’ una spiegazione che vale a sottolineare certe peculiarità presenti nella tradizione operaia locale e a rival.tare quegli elementi di volontarismo dei quali era profondamente intrisa la predicazione del sindacalismo rivoluzionario; e sotto questo aspetto è un elemento da tener presente. Nella ‘Emilia rossa”, infatti, il proletariato, prevalentemente contadino, ha sviluppato, fino al fascismo, il più alto potenziale di autonomia, costruendo propri istituti; conquistando, e imprimendovi una propria impronta, amministrazioni comunali; modificando attraverso lotte ininterrotte, tradizionali rapporti di classe; innovando, anche nella sfera del costume, il tessuto sociale; creando nuove forme di civiltà popolare: tutto però nel segno di una concezione gradualistica, ma rigorosamente classista, del socialismo, esemplarmente rappresentata da uomini quali Camillo Prampolini e Nullo Baldini.
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