Barricate a Parma_ocred
sun canto, nessuna parola che provocasse i fascisti” (p. 305). A Monti- celli, mentre si teneva l’adunanza generale della lega, “un gruppo di fascisti circondava il locale ove si teneva l’assemblea e poi perquisivano tutti i presenti” (p. 307). Certamente la connivenza fra la violenza fascista, voluta esplicitamente dalle forze economiche più potenti (agrari e industriali) e le forze dell’ “ordine”, non si era mai rivelata in modo così evidente e ciò doveva disorientare e scoraggiare coloro che avrebbero voluto reagire. A Parma, la sede dell’Unione Sindacale viene devastata nell’aprile del 1921, ‘con la complicità della polizia al comando del delegato Numis” (p. 294). A Busseto, il 7 febbraio, fascisti e carabinieri sparano, uniti, sulla folla (p. 296). La cooperativa di Pieve Ottoville viene devastata il 10 aprile: “il commissario dott. Di Savi ed una buona scorta di carabinieri sono presenti alla bella impresa. Rimasero impassibili”” (p. 297). Minacce di morte vengono lanciate dai fascisti alla presenza di funzionari di polizia (p. 304). Mentre si devastava la cooperativa di Diolo ‘i carabinieri desti- nati di guardia alla cooperativa si erano recati a dormire in casa del fascista Trancossi di Diolo” (p. 301). Così, a quel tempo, 15 lavoratori della provincia di Parma erano già stati assassinati (p. 315). In tal modo, fra l’autunno del 1920 e la primavera del 1921, le squadre fasciste distruggono gli organismi politici ed economici delle masse po- ‘polari, proclamano l’ostracismo dei dirigenti di base, sciolgono sindacati e leghe, incendiano cooperative (o le trasformano in fasciste), costringo- no amministratori comunali e provinciali a dimettersi. Ciò avviene in tutta l’area della Val Padana. Partiti, confederazioni dei sindacati e delle cooperative, che a livello nazionale raggruppavano milioni di iscritti, vengono scompaginati; unica reazione a queste distruzioni la denuncia in parlamento e sulla stampa. Come si è detto, ancora oggi si rimane sorpresi di fronte alla facilità con la quale il fascismo, in pochi mesi, distrusse l’opera civile e democratica di decenni. Questo patrimonio del proletariato italiano costituiva non solamente il frutto maturo del movi- mento socialista italiano, ammirato in tutto il mondo, ma anche l’unica pagina autenticamente “democratica” della tormentata storia dell’Italia unita; il fascismo voleva veramente interrompere la graduale evoluzione di tutta la società italiana. Di fronte a ciò non espressero condanna o sdegno il Governo, i partiti di ispirazione liberale, i cattolici (salvo rare eccezioni), gli organismi di cultura, i fogli della stampa indipendente. Gaetano Salvemini, col suo esasperato senso della giustizia, durante una lezione per gli studenti dell’Università di Harvard, disse: ‘Molte volte, abbandonati a se stessi, i lavoratori venivano a conflitto con i fascisti. Un certo numero di fascisti — circa 300 nel 1921 e 1922 — caddero in scontri aperti o vittime di imboscate. Ma il risultato di questi scontri erano nuove spedizioni punitive e nuove rappresaglie. Circa tremila persone persero la vita per mano fascista durante i due anni di guerra civile. “Forse per mettere fine alla lotta vi sarebbe stato un solo sistema effica- ce: quello di opporre al terrorismo fascista un terrorismo metodico e intelligente. I fascisti concentravano la loro violenza specialmente con- tro i leaders degli organismi locali: segretari sindacali, dirigenti di coope- rative, sindaci, consiglieri comunali, direttori di giornale, e altre persone che godevano di prestigio tra i lavoratori. ‘‘Colpisci il pastore e il gregge verrà disperso”. Il delitto di tenere il paese in una terrificante condizio- ne di guerra civile non trovava punizione, perché coloro che avrebbero avuto il dovere di punire ne erano i maggiori responsabili. Viceversa le violenze commesse da anarchici, comunisti, socialisti o popolari veniva- no immediatamente soffocate senza pietà. I socialisti avrebbero potuto imitare i fascisti e fare delle rappresaglie non contro i pesci piccini, che componevano le squadre, ma contro î pezzi grossi e contro gli alti funzionari militari e civili, che erano i soli davvero responsabili dell'’ille- galismo fascista: Mussolini, poi il presidente del Consiglio Giolitti, poi il ministro della Giustizia, e ancora un paio di generali e un paio di magi- strati. Se coloro che erano direttamente responsabili della guerra civile avessero pagato personalmente, è probabile che iî rimanenti si sarebbero 15
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