Barricate a Parma_ocred
il gruppo dirigente, desiderio di costruire forze di partito con le stesse finalità, rifiuto del ricorso alle armi, ecc.; per questi motivi non sempre gli Arditi del Popolo raggiungono dei risultati decisivi; quando ciò avvie- ne è perché prevalgono le necessità di difesa della base, che deve pensare a se stessa e non. può più avere fiducia nei partiti e nei sindacati organiz- zati a livello nazionale. Il 22 luglio 1921 si ha a Parma un violento scontro fra fascisti ed Arditi del Popolo; anche la popolazione appoggia gli Arditi, specialmente in via della Trinità, ove l’organizzazione ha la sua sede. In settembre, nel corso di un analogo scontro in Piazza Gari- baldi, lo stesso Picelli rimane ferito (6). Per capire l’originalità del moto parmense dell’agosto del 1922, è neces- sario inserirlo nel quadro nazionale. Alla mezzanotte del 31 luglio era iniziato in tutte le regioni d’Italia lo sciopero generale, proclamato dalla Alleanza del Lavoro, come supremo sforzo di difesa delle organizzazioni proletarie associate contro il dilagare del fascismo. Secondo Turati ei socialisti riformisti lo sciopero avrebbe dovuto avere uno scopo “legali tario” e, precisamente, avrebbe dovuto provocare il ritorno alla ‘‘lega- lità” favorendo la formazione di un ministero di sinistra, impegnato a fermare il fascismo; al contrario lo sciopero stimolò la rapida soluzione della crisi governativa in corso, con la riconferma di un governo Facta. In questo disegno dei riformisti (per questo chiamati ‘collaborazioni sti”) si inseriva lo “scandalo” della visita di Turati al re per offrire la collaborazione socialista (dei deputati riformisti) ad un governo nuovo. Lo sciopero generale ebbe poi una spregiudicata risposta fascista che diede il colpo di grazia allo schieramento proletario conquistando quasi tutte le città d’Italia. Lo sciopero, per la sua conclusione disastrosa, venne definito, da La Giustizia (d’ispirazione socialdemocratica) dell’11 agosto, la ‘nostra Caporetto”; era veramente una “Caporetto” che non precedeva una riscossa, ma ribadiva una clamorosa sconfitta del movi- mento operaio italiano. E’ vero che la causa del tracollo proletario andava ricercata prima di tutto nel fatto che le roccaforti socialiste erano già state smantellate; nella Val Padana ormai si esercitava incontrastato il dominio fascista. Ma certamente anche in quest’ultima prova il proletariato italiano si presentava più che mai lacerato da divisioni e da feroci polemiche; ognuno era “traditore” per l’altro. La stessa Alleanza del Lavoro, che era sorta “per opporre alle forze coalizzate della reazione l’alleanza delle forze proletarie” non solo è divisa al suo interno, ma è tanto fragile che non riesce a sopravvivere alla sconfitta dello sciopero genera- le (7). Essa si era costituita a Roma nel febbraio per iniziativa del sinda- cato ferrovieri e con l’adesione della Confederazione Generale del Lavo- ro, dell’Unione Sindacale Italiana, dell’Unione Italiana del Lavoro e della Federazione dei Lavoratori dei Porti. In vario modo ognuna di queste organizzazioni rifletteva le posizioni politiche della sinistra italia- na; ma anche la Confederazione Generale del Lavoro, che era l’organiz- zazione più prestigiosa e con maggiori adesioni e che veniva definita come “riformista” in verità conteneva una estesa serie di posizioni poli- tiche. Quando si stava profilando lo sciopero generale e si parlava insi- stentemente di una possibile collaborazione governativa dei socialisti, si riunì il Consiglio Nazionale (3-5 luglio 1922); su un documento conclu- sivo dei lavori vennero enunciate le posizioni diverse dei riformisti, dei comunisti, dei massimalisti, dei terzinternazionalisti, degli unitari; venu- ti al voto i riformisti dimostrarono di poter disporre solo della maggio- ranza relativa e cioè di 537.351 su 1.206.325 iscritti (8). Irresponsabile fu la presa di posizione di Amedeo Bordiga che dichiarò di accettare lo sciopero generale che si sentiva nell’aria, senza contribui- re ad una definizione degli scopi, soddisfatto solo di dare uno ‘scossone alla baracca”. Sull’Ordine Nuovo del 25 luglio egli scriveva: ‘I collabo- razionisti vogliono lo sciopero generale, che hanno sempre avversato e sabotato per la difesa diretta ed effettiva dei lavoratori, se sarà necessa- rio per le manovre della crisi? Benissimo. . .. Se c’è chi vuole dare altri scossoni alla baracca del regime non saremo noi certo a dolercene”. Anche il modo con il quale si arrivò alla proclamazione dello sciopero appare a noi oggi abbastanza singolare. Il 31 luglio /l lavoro di Genova 17
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