Barricate a Parma_ocred

col 20 QC. n n RRReSS SQR oE«szecLceSz.SÉEII donne, fanciulli dei quartieri più popolari hanno disselciato le strade, rimosso i lastroni di granito del marciapiede, ostruito i passaggi, spezza- te le lampade dell’illuminazione pubblica’(17). Tutto ciò non poteva verificarsi per ma-ovre o sobillazione e la resistenza durò per più giorni. punto di vista cronologico, quanto affermò in seguito Guido Picelli: l’esercito intervenne solo quando le formazioni squadriste non riusciro- no a raggiungere il loro obiettivo. Per questo scacco i fascisti stavano subendo una defezione di massa: “Non fu una ritirata — scrisse Picelli — te (21). Guido‘ Picelli, nelle poche pagine di memorie sui fatti di Parma, pubbli- cate nel 1934, ribadisce che il successo della difesa di Parma andava ricercato nella costituzione di un “fronte unico dal basso” dei lavoratori di ogni estrazione politica (socialisti, comunisti, anarchici, cattolici), che non si erano lasciati fuorviare dal “linguaggio demagogico” dei socialdemocratici e dal “sinistrismo” del partito comunista, ostili all’ azione degli Arditi del Popolo; egli rileva poi che l’enorme successo della rivolta di Parma poneva in evidenza “di quale importanza sia il problema politico-militare e la teoria della guerra civile, sino a ieri tra- scurata, se non ignorata completamente; ma che oggi (1934) si impone al nostro studio come una necessità assoluta” (22). Il Picelli confessa quindi che sino a quel momento la rivolta di Parma aveva insegnato ben poco. Solamente di fronte alla conquista nazista del potere in Germania nel 1933 e del clerico-fascismo in Austria all’inizio del 1934, cioè nel mo- mento in cui il nazi-fascismo stava per conquistare quasi tutta l’Europa si riproponeva impellente il problema dell’unità del movimento operaio. Il 27 luglio 1934, con un certo anticipo su altri paesi, il partito comu- raggruppava l’ala massimalista e quella riformista in un solo partito, dopo che si erano divisi per anni in partiti distinti, a partire dal 1922. Ci resistenza europea al nazi-fascismo. Il richiamo di Guido Picelli, nel 1934, alla rivolta di Parma aveva quindi un significato storico-politico, poiché collocava quel moto popolare nella catena degli avvenimenti italiani ed europei che doveva avere la sua conclusione nell’epopea della Resistenza.

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