Barricate a Parma_ocred

LL _—=—=——t :'Myo5oses<x<x<xox*)* accorsero ovunque a prestar l’opera loro preziosissima ed a incitare. Nel frattempo l’autorità militare, a cui il prefetto cedette i poteri, si mise in comunicazione coi membri del comitato locale dell'Alleanza del lavofo, coi socialisti, sindacalisti interventisti e confederali, i quali non avendo potuto impedire apertamente alle masse di insorgere, per tema di essere smascherati, vedendosi, in quei giorni, esautorati e messi in disparte, accettarono di trattare il compromesso impegnandosi di far opera di persuasione fra gli operai per indurli a cessare la resistenza. L’avvocato Pancrazi, socialista, e il commissario di P.S. Di Sero, man- tennero il collegamento fra costoro e il generale Lodomez, comandante del presidio. Il giorno cinque, a conclusione di tutta questa manovra, l'autorità militare, credendo che anche in quel momento i capi socialisti e confederali rappresentassero la volontà delle masse o comunque potes- sero influire su di loro, inviò un battaglione di soldati nell’Oltretorrente, per disfare le trincee e le barricate e facendo sapere che i fascisti si sarebbero allontanati dalla città a patto che la popolazione deponesse le armi. Senonché, qui vi era un altro potere, quello effettivo della massa, affidato al comando degli “Arditi del Popolo”, che nessuno aveva inter- pellato, ma col quale bisognava fare i conti. “Le trincee non si toccano, esse costituiscono la legittima difesa della vita degli operai e dei loro quartieri, contro ventimila camicie nere armate, venute da tutte le parti”. Questa fu la risposta. Gli ufficiali protestarono dicendo che avevano l’ordine; ma gli operai non cedettero. Anch’essi avevano un ordine! Il contegno dei soldati fu tale da non incoraggiare gli ufficiali ad insistere troppo. Due ore dopo il battaglione venne ritirato. Le manovre di com- promesso furono sventate e il tentativo di disarmare gli operai fallì. Nelle prime ore del giorno sei, notizie certe informarono che lo stato maggiore fascista aveva deciso di sferrare un’offensiva in forze contro l’Oltretorrente, per le ore tre pomeridiane. Per quanto non fosse possi- bile conoscere con precisione il piano d’attacco, purtuttavia il comando della difesa ritenne che il punto in cui il nemico avrebbe compiuto il massimo sforzo, cercando di sfondare, sarebbe stato alla sinistra della linea dove il fianco presentava maggiore possibilità d’aggiramento, scen- dendo dai giardini pubblici attigui all’abitato dell’Oltretorrente, ed ai quali si poteva accedere dalla via di circonvallazione a nord della città. Secondo la regola generale di tutte le guerre e quindi quella di strada compresa, non bisogna mai lasciare all’avversario l’iniziativa, e nel caso in cui si venga a conoscenza delle sue intenzioni e della sua preparazione offensiva, occorre prevenirlo attaccando per i primi, costringendolo a modificare tutto il piano, con un’azione vigorosa ed improvvisa. Ma purtroppo gli insorti non furono nelle condizioni materiali di passa- re all'offensiva dato il numero non sufficiente di fucili e il quantitativo delle munizioni, fortemente ridotto nei tre giorni di resistenza. Nessun aiuto fu possibile avere all'ultimo: momento dalla campagna, perché nelle località temute, i fascisti inviarono piccoli distaccamenti, impeden- do il collegamento con la città. Venne però disposta la grande difesa, fatta con ogni mezzo e che avreb- be dovuto impegnare il nemico fino all’ultimo uomo, in tutte le forme possibili di combattimento. Dopo aver riuniti i capi squadra per dar loro gli ordini necessari, il comando degli “Arditi del Popolo” fece una rapida ispezione per tutto il settore. Il morale della massa si dimostrò elevatissimo; sembrò quasi che l’annuncio dell’azione imminente delle camicie nere avesse contribuito ad aumentare ancora di più il coraggio e l’entusiasmo. Un elemento molto importante del successo, nella lotta armata, è la certezza di vincere. E’ interessante osservare come questa “certezza” fosse in ognuno assoluta; nessuno ebbe il più piccolo dubbio. Nelle case sì attese alla fabbricazione di ordigni esplodenti, di pugnali fatti con lime, pezzi di ferro, coltelli, e alla preparazione di acidi. Dalle finestre di una delle casupole di Borgo Minelli, una ragazza diciassettenne, tenendo levata in alto una scure ed agitandola, gridò ai compagni sulla via: ‘Se vengono, io sono pronta”. Alle donne vennero distribuiti recipienti pie- ni di petrolio e di benzina, perchè in base al piano difensivo, nel caso in

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