Barricate a Parma_ocred
ROLANDO CAVANDOLI antifascismo reggiano e arditi del popolo 1 - FASCISMO AGRARIO All’epoca delle barricate di Parma il movimento operaio reggiano era praticamente battuto. Lo squadrismo aveva già liquidato le principali conquiste di classe (collocamento gestito dalle leghe; concordati di mez- zadria e affitto, limiti orari e nuovi livelli salariali in agricoltura e indu- stria; amministrazioni socialiste, sovrimposte sui profitti parassitari, controllo pubblico sulla distribuzione, politica di calmiere). Le organiz- zazioni dei proprietari, camera d’agricoltura in testa, si erano proposte di sopprimere la capacità contrattuale dei lavoratori e di restaurare l’arbitrio padronale che chiamavano — con eufemismo tecnico — natura- le gioco di domanda e offerta nei rapporti di lavoro (1). L’obbiettivo era stato ampiamente raggiunto, con risultati sinistri nelle stesse forme di conduzione agraria, dove la mezzadria acquistò posizioni di privilegio nei confronti dell’affittanza, grazie all’imporsi di una politica di alti canoni (2) non più ostacolata da agitazioni sindacali. La letteratura fascista locale rivendica il “merito” dello squadrismo nel ripristino di un equilibrio conforme all’interesse proprietario, prima sconvolto da una condizione di ‘“protezionismo all’operaio e al contadi- no”, mentre ‘il noto sciopero agrario del 1920... insegnò soprattutto essere necessario rafforzare la difesa della proprietà” (3). Già nel ’21 l’organo provinciale dei fasci All’Armi! aveva indicato, tra gli scopi della violenza squadrista, quello di rimuovere la “situazione falsa” delle conquiste contadine: “bastò l’energica reazione di poche decine (...)di giovanotti di fegato. . . perché la situazione si trasformasse, anzi in mol- te località si capovolgesse completamente” (4). Associazione industria- li (5) e camera d’agricoltura (6) approvarono pubblicamente le imprese del fascismo (“odierno meraviglioso fenomeno di fede e di lotta contro le tendenze dissolutrici’’), sollecitando gli associati a finanziare il movi- mento (7): specialmente la camera provinciale d’agricoltura, che fin dall’agosto ’19 aveva anticipato le impostazioni corporative, si rivelò autentica matrice del fascismo reggiano. Il rapporto si perfezionò fino a personificarsi nell’opera del segretario del sodalizio padronale dott. Ot- tavio Corgini, ideologo dell’agraria e tutore 0, come scrisse il Giornale di Reggio, ‘fondatore e anima” delle squadre d’azione (8), accanto ad alcuni giovani fanatizzati che ne rappresentavano la versione patetica e “psicologica”, quali Milton Luigi Lari e Giovanni Dall'Orto. Quest’ulti- mo, al pari di Corgini, avrà poi uno speciale ruolo nel fallito assalto all’Oltretorrente parmense. 2 - METODO “REGGIANO” E METODO “PARMENSE” La demolizione sistematica del patrimonio proletario incontrò una resi- stenza episodica e debole, ridotta a splendide iniziative di indisciplina, * perché la direzione politica e sindacale riformista era ben ferma sulla pregiudiziale della “resistenza passiva” e sulla presunzione che il fasci- smo fosse un “fenomeno transeunte di relitto bellico” (9), destinato a scaricarsi da solo. Prampolini e il suo gruppo erano “persuasi che il 29
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