Barricate a Parma_ocred
guerra; vi sono gli impiegati e i maestri della città che psicologicamente si sentono di dover conservare un prestigio sociale; vi è il basso clero che ha condiviso durante la guerra le lunghe sofferenze dei suoi parrocchiani e si trova a vivere con una congrua notevolmente immiserita per la crisi monetaria. Un quadro del genere, che accompagna ad un programma di contenuto religioso e morale (e non propriamente politico) le adesioni indiscrimi- nate di un mondo cattolico, diverso per estrazione sociale e cultura ma solidale sul piano delle motivazioni religiose, rischia pertanto (e tanto è stato) di subire gli ondeggiamenti più diversi, in un senso o in un altro, e non già di farsi protagonista trainante in virtù di proprie radicate e precise convinzioni. A Parma chi imprime l’orientamento è l’on. Micheli, nipote del liberale Mariotti, già cattolico-deputato nelle elezioni dell’anteguerra tra le file liberali. Così la Gazzetta di Parma segue con interesse la nascita del P.P.I., anzi ne fa propaganda; durante il “biennio rosso” riporta le cronache degli incidenti coi socialisti assumendo piena difesa dei cattoli- ci. Popolari e liberali presentano una lista comune nelle elezioni ammi nistrative del 1920. I liberali cioè si servono del popolarismo come antidoto del bolscevismo e i popolari accettano questa situazione affie- volendo tutta la loro polemica ottocentesca contro lo stato liberale. Il fatto che Micheli partecipi al governo due volte come ministro dell’agri- coltura rende molto indulgente il partito popolare a Parma. Dopo il fallimento del “biennio rosso” (1919-20) i liberali ritrovano un ruolo, la leadership passa agli agrari che cominciano ad attaccare violentemente il P.P.I., costretto di nuovo a difendersi. Infatti gli anni del ‘biennio rosso” sono stati abbastanza duri per il partito cattolico perché il mon- do socialista di Parma è, nel dopoguerra, molto vivo. Almeno quattro Camere del lavoro già in lotta tra di loro, ostacolano gli organizzati bianchi. Inoltre rimangono da parte socialista, venature di vecchio anti- clericalismo e da parte cattolica esiste una continua propaganda di in- compatibilità ideologica con il “socialismo ateo” e le sue manifestazioni più aggressive. A questo punto, nelle ultime settimane del "20 una nuova organizzazio- ne cattolica si affianca alle altre: l’Avanguardia. Scarse e non sempre documentabili sono le notizie attorno a questo nuovo movimento di cattolici. L'Avanguardia nasce comunque come risposta all’aggressività dei “rossi” (il pretesto della sua fondazione risale infatti al disturbo di una processione religiosa) ed è composta in gran parte (i soci fondatori sono 42) da ex-combattenti cattolici e da taluni esponenti più avanzati del P.P.I., dell’Unione Popolare, e del Circolo “D.M. Villa”. Arnaldo Colli, “uno dei 42”, che è nato e vissuto a lungo nell’Oltretor- rente in Borgo S. Domenico 50, ricorda perfettamente alcuni leaders di quella Avanguardia: Giuseppe Mori (presidente), Luigi Mori (invalido pluridecorato della prima guerra), il dott. Pettenati (poi pugnalato dai fascisti nel ’23), Ulisse Corazza e i due fratelli Raballo, noti ex-combat- tenti. Ed anzi è proprio ai funerali del padre del Raballo, ai primi del ’21, che compare per la prima volta il gagliardetto dell’Avanguardia. Dopo le elezioni del maggio del ’21 gli avanguardisti cattolici capiscono che non l’aggressività dei rossi, ma la tracotante avanzata della violenza fascista sta diventando il problema politico di quei mesi. Il Colli ricorda che si facevano frequenti i viaggi di alcuni dell’Avanguardia (con l’auto del Corazza) a Cremona per portare aiuto a Miglioli. Le continue violen- ze fasciste trasformano l’Avanguardia da organizzazione difensiva con- tro i rossi in gruppo decisamente orientato contro la violenza fascista. L'uccisione del cassoniere socialista Amleto Rossi, raccolto e soccorso dall’Arcivescovo di Parma, crea notevole scalpore nell’opinione pubblica e determina una prima svolta nei rapporti tra cattolici e socialisti, alme- no nel popolo. Ormai è evidente che il P.S.I. ha abbandonato decisamente le sue spe- ranze astrattamente rivoluzionarie ed è costretto a difendersi dai violen- ti attacchi fascisti. Ai primi del ’22 La Giovane Montagna inizia a parla- re di collaborazione coi socialisti. Ne parla in maniera cauta e perplessa, ma già il fatto in sé testimonia l’esistenza del problema se non alla base 47
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