Barricate a Parma_ocred

50 Con certezza non si conoscono nomi di altri partecipanti da parte popo- lare, forse si può individuare nella figura del giovane avvocato di cui parla Balbo nel suo diario, l’avv. Arnone rappresentante anche dell’ Unione del Lavoro. Altre presenze sono però probabili, perché nell’OI- tretorrente molti hanno conosciuto di persona, nelle serate all’osteria, il Picelli, ne ammirano la profonda umanità, ascoltano i suoi appelli diret- ti ai ‘“Proletari”’ (ai) “giovani buoni e generosi di tutti i partiti”, ne condividono l’antifascismo. Picelli stesso durante una riunione nella sa- grestia della parrocchia di S. Giuseppe acconsente di affidare per la difesa, la zona di Via Farnese e del Parco Ducale ai giovani cattolici (guidati da Giuseppe Mori, aiutato dal Colli e da pochi altri che abitano nei dintorni) e chiede al Corazza, che possiede un’auto, se può andare a prendere una mitragliatrice a Sala Baganza. Esiste quindi una partecipazione dei popolari alle barricate di Parma, anche se non si può dimenticare che si tratta di una partecipazione individuale e non di massa. Del resto non può essere altrimenti, tenendo presente l’analisi incerta che il P.P.I. di Parma ha compiuto del fascismo nascente, per cui i cattolici non abituati alla lotta politica hanno avuto soltanto la possibilità di riaffermare la loro tradizionale visione morali- stico-religiosa della violenza. Inoltre una parte della base del partito è legata culturalmente, psicologicamente ed anche economicamente a cer- ti interessi che il fascismo difende per cui non può prendere, pur con- dannandone i metodi, aperta posizione contro di esso. i In occasione delle barricate si può parlare di una rottura dell’interclas- sismo popolare e non a caso il Colli dice che: “I popolari, come i preti del resto, si dividono a seconda che vivano al di qua o al di là del torrente”. I dirigenti del partito, l’on. Micheli e Tullio Maestri, presiden- te della deputazione provinciale, cercano di fare opera di pace e nello agosto sono tra i principali promotori e firmatari con i fascisti di un patto di pacificazione: il fatto tanto clamoroso della difesa di Parma, il sacrificio di Corazza, la devastazione delle sedi del P.P.I. e dell’Unione del Lavoro non contribuiscono a mutare il loro atteggiamento. Eppure per il loro partito, specialmente in provincia, le cose non vanno tanto bene. Il 26 ottobre su La Giovane Montagna si legge: “La vita delle sezioni come organismi di tesserati che tendono ad affermarsi pubblica- mente nel campo politico ed amministrativo, è incerta, pallida, e, in tanti posti nulla”. Delle 56 sezioni esistenti nell’ottobre del ’22 solo 24 hanno provveduto al nuovo tesseramento e alle regolari riunioni con il rinovo del Consi- glio Direttivo (2). Parte dei piccoli proprietari, affittuari e mezzadri aderenti al P.P.I. hanno capito che il loro pezzo di terra è meglio difeso dai manganelli fascisti che dai discorsi fraterni dell’Unione del lavoro; la parte sinceramente democratica è impossibilitata a svolgere la sua nor- male attività politica per le violenze continue delle squadre fasciste. Nonostante tutto questo il commento della marcia su Roma dei popola- ri a Parma è pieno di speranza: ©... molti, anche nel nostro campo, hanno accolto con un sospiro di sollievo il nuovo Governo Mussolini, ‘ che almeno dimostra la volontà di restituire allo Stato autorità e presti- gio” (3). NOTE (1) “La Giovane Montagna”, 16 febbraio 1922. (2) “La Giovane Montagna”, 19 ottobre 1922. (3) “La Giovane Montagna”, 2 novembre 1922.

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