Barricate a Parma_ocred

S4 i fatti di parma nella stampa nazionale Gli articoli dedicati dal Corriere della Sera, quotidiano liberale di Mila- no, alla resistenza antifascista di Parma dell’agosto 1922 sono cronache senza un commento specifico. Il discorso non è comunque né oggettivo né neutro. L’interpretazione e l’atteggiamento del giornale emergono dalle considerazioni fatte negli articoli di fondo sulle responsabilità dei gravi disordini che misero in crisi lo stato liberale e dall’analisi delle cronache stesse. La narrazione degli avvenimenti di Parma è infatti descrizione d’effetto: dalla considerazione dei vari momenti della battaglia con i suoi morti, feriti, distruzioni, rovine esce un quadro di guerra civile destinato a confermare nell’opinione dell’uomo medio borghese, riluttante agli slan- ci eroici e alle avventure, l’utilità di un governo ‘forte’, che reprima la guerra civile e ristabilisca l’ordine. Gli insorti “hanno scavato trincee, preparato trabocchetti, armato le trincee con rivoltelle, moschetti, bombe a mano... Uomini, donne, fanciulli hanno disselciato le strade, spazzato le lampade dell’illumina- zione pubblica. . .’’ (1). Dal canto loro i fascisti hanno acuito l’attenzio- ne affluendo in numero ingente dalle province vicine, minacciando terri- bili rappresaglie contro gli scioperanti, devastando circoli operai ed uffi- ci di autorità antifasciste. Violenti dunque per il Corriere sia gli insorti sia i fascisti. I più responsa- bili, i più colpevoli di tanto disordine sono, però per il giornale, i rivoluzionari dell’Oltretorrente. Essi “non vollero aderire all’ordine di riprendere il lavoro”, provocando con tale rifiuto i fascisti che interven- nero per ripristinare l’ordine e la ripresa del normale ritmo di vita. L'assalto fascista al Circolo dei ferrovieri, l'invasione della tipografia del giornale /! Piccolo, la devastazione dell’ufficio del senatore socialista Albertelli sono “la naturale rappresaglia”, la risposta non giustificabile ma comprensibile dei fascisti alle provocazioni dei socialisti. In realtà il Corriere nutriva “una fondamentale diffidenza e sospetto anche verso le violenze squadristiche che mal si conciliavano con la preoccupazione liberale di rispetto dell’ordine costituito, della legali- tà” (2). Sperava però che il fascismo si sarebbe esaurito, autodistrutto nella lotta contro gli altri sovvertitori del regime liberale, i bolscevichi, indubbiamente più temuti ed avversati dei fascisti. Questi ultimi venne- ro considerati dal Corriere e dai liberali in genere ‘strumento ai fini della salvezza del Ministero. . . della restaurazione della legge” (3). La vecchia classe dirigente liberale mantenne infatti nel primo dopo- guerra un ideale oligarchico: concepiva la politica possibile solo a livello di élites, di consorterie, di Parlamento. Quando constatò l’incapacità dello Stato, a controllare e contenere l’ascesa delle masse con l’impiego dei soli mezzi legali, considerò il fascismo mezzo per la conservazione dell’ordine costituito. Anche a Parma i fascisti, per il Corriere interven- ‘nero solo per ripristinare l’ordine. Tenendo presente questo scopo, il quotidiano milanese non solo attenuava ma in un certo modo compren- deva le violenze fasciste. Balbo del resto, secondo il giornale, fece subito ritirare i suoi ventimila uomini quanto l’autorità militare assunse pieni LUCIANA BRUNAZZI

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