Barricate a Parma_ocred
del socialismo italiano (massimalisti) era infatti impregnata di positivi- smo fatalistico e meccanicistico: riteneva che la nuova società socialista sarebbe nata quando le contraddizioni della società capitalista fossero, giunte al punto di massima tensione fino ad esplodere. In realtà il P.S.I. abbandonò sempre la lotta nel momento cruciale, pago di conquiste economiche e giuridiche. Sul piano della tattica rivoluzionaria mancò di concretezza realistica e storica continuando a credere “in una netta divisione delle classi”, da una parte i proletari e dall’altra i borghesi e “non riuscì a vedere che le classi sono molteplici e s'intrecciano ed interferiscono reciprocamente” (16). Questo settarismo rese inefficace ogni azione. Così, quando l’Avanti! riferì della partecipazione popolare alle barricate di Parma che trovò uniti comunisti, socialisti, cattolici, anarchici, proletari, piccolo-borghe- si, ex combattenti, dell’eccezionale avvenimento colse soprattutto il carattere emotivo trascurando l’insegnamento che veniva dalla tattica usata. Non è casuale il silenzio del quotidiano sul ruolo determinante dell’organizzazione parmense degli Arditi del popolo, fondata da Picelli, nella resistenza antifascista del ’21-°22 e il cui episodio più alto e più maturo fu appunto la lotta armata nelle giornate dell’agosto. Il P.S.I. infatti ufficialmente non riconobbe le formazioni degli Arditi del popo- lo perché questo avrebbe significato superare la pregiudiziale neutralisti- ca. Negli “Arditi”, infatti, affluirono soprattutto ex combattenti, sia proletari che medi-borghesi. Invece il P.S.I. aveva respinto ogni possibi- lità di alleanza fra il movimento operaio e gli strati più agguerriti della media e piccola borghesia rappresentata dai combattenti e con la sua anacronistica polemica contro la guerra scavò nel 719-°20 un solco fra sé - e la generazione del fronte. Anche sul piano del metodo, la formula di Picelli “rispondere alla violenza con la violenza” non ebbe praticamente ascolto nel P.S.I.. Ancora nell’agosto del ‘22 l’Avanti! pensava alla possibilità di convivenza con i fascisti. Santi disse che nella provincia di Parma i fascisti avevano potuto organizzare manifestazioni, incontri, proteste e non erano mai stati disturbati dai socialisti. Dopo le giornate, i socialisti furono tra i sostenitori del patto di pacificazione che invece non fu firmato dagli Arditi del popolo, dall’U.S.I. (Unione Sindacale Italiana) e dal P.C. dI. Lo sciopero di Parma fu l’ennesima occasione per il Partito Comunista di polemizzare con gli orientamenti ambigui ed involuti dei centristi e dei riformisti del P.S.I. Il P.S.I. non è per i comunisti che un partito parlamentare che riesce a malapena a proporsi di “correggere” o di sabotare lo stato, ma è assolu- tamente incapace di fondare uno stato nuovo. Infatti l’ordine costituito per i comunisti si poteva mutare soltanto con un’azione rivoluzionaria che distruggesse le strutture politico-economiche esistenti e che pertan- to escludeva qualsiasi possibilità di collaborazione con l’ordine costitui to. Le giornate di Parma per l’Ordine Nuovo, quotidiano del P.C. d’I. dal 1 gennaio 1921, rivelavano l’utilità e l’efficacia della violenza. A Parma si vinse ‘perché alla violenza si rispose con la violenza, perché si verificò una vera e propria mobilitazione rivoluzionaria” (17). La lotta armata venne però intesa dal partito comunista in chiave deci- samente classista: “la resistenza di Parma se fu legittima difesa fu anche e soprattutto guerra senza quartiere fra due patrie che sentivano di non avere nulla in comune: il proletariato e la classe borghese” (18). E qui i comunisti di Ordine Nuovo si allineano con i socialisti dell’Avanti! nella scarsa intuizione della enorme importanza che, in quel momento storico, ebbe “il fronte unico dal basso”. Il P.C. d’I. come si constata leggendo l’Ordine Nuovo del °21-°22 continuò a ritenere nel ’22 la situazione italiana rivoluzionaria e accusò il P.S.I. di non essere di tale avviso. Si era invece davvero in fase di involuzione, soprattutto in conse- guenza della crisi economica, € il non volerlo riconoscere, condusse il P.C. dl. ad un settarismo che isolò il proletariato dalle forze politiche vicine. Non a caso anche il P.C. d’I. non volle avallare il movimento degli Arditi del popolo che ‘‘espressero l’esigenza unitaria e profondamente sentita dalle masse subalterne di combattere il fascismo sul piano della lotta armata che il fascismo aveva scelto” (19). Ì 57
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