Barricate a Parma_ocred
Nel partito si era convinti che ‘per fare il partito ed educarlo, bisognava preservarlo dalla contaminazione riformistica e dalla confusione ideolo- gica e quindi isolarlo. Nacque da questa esigenza di purezza ‘l'errore di impedire ai comunisti di partecipare all’organizzazione degli Arditi del popolo” (20). Picelli lanciò precise accuse alle direzioni dei vari partiti di sinistra. Sul giornale L’Ardito del Popolo del 31 maggio 1922 scrive- va: ‘Quando la reazione infuria e fa strage, quando la violenza elevata a sistema è ammessa dalla complicità del Governo e della Magistratura, quando la miseria costringe alla fame famiglie intere, quando le galere rigurgitano di proletari innocenti... occorre far tacere le passioni di parte, finirla con le accademie e le discussioni inutili su questo o su quell’indirizzo politico. . .. Tutti indistintamente i partiti sono contro di noi. . .. Sappia il popolo trovare in sé la forza per difendersi. . .. L’unità a qualunque costo e subito. . .. Domani potrebbe essere troppo tardi”. L’unità che Picelli auspicava era “un organo solido con a disposizione mezzi tecnici e a carattere militare. . .”’. Infatti, Picelli era convinto che il fascismo si dovesse battere sul terreno della violenza, ‘sul quale esso per primo ci ha trascinato”’. A Parma per Picelli si vinse ‘perché l’eserci- to fascista si era trovato per la prima volta in Italia di fronte ad un altro esercito ordinato e guidato, pronto a battersi nelle sue trincee e nelle sue barricate” (21). Anche l’Ordine Nuovo sottolineò l’importanza della perizia tecnica degli insorti che trovava la sua spiegazione nell’esperien- za della guerra. Il quotidiano torinese ricordava pure la tradizione inter- ventista di Parma che smascherava, tra l’altro, il falso patriottismo dei fascisti rivelandone il vero volto reazionario. Ma l’esempio di Parma non servì di lezione neppure ai comunisti. Picelli li disse ‘“malati di sinistri- smo”. In effetti anche il P.C. d’I. (Gramsci fu un’eccezione) non com- prese che il fascismo non era riducibile a reazione borghese, ma ‘“rappre- sentava anche certe giuste esigenze degli ex combattenti”. Picelli, con- tro il settarismo socialista e comunista, riunì proletari e piccoli borghe- si, valorizzò l’esperienza tecnica della guerra che divenne ‘preziosa espe- rienza per la guerra rivoluzionaria della strada” (22). NOTE (1) Corriere della Sera, 5 agosto 1922. (2) Piero Melograni, Corriere della Se- ra, 1919-1943, Cappelli Editore, 1965. (3) Corriere della Sera, 8 aprile 1921. (4) Ibid., 6 agosto 1922. (5) Ibid., 5 agosto 1922. (16) A. Gramsci, Socialismo e Fasci- smo, Ordine Nuovo, /921/-22, Torino, Einaudi, 1966. (17) Sulle polemiche comunisti-socia- listi si veda Ordine Nuovo del 31 lu- glio, 4 agosto, 5 agosto, 7 agosto 1922. (18) Ordine Nuovo, 9 agosto 1922. (6) Ibid. (19) Renzo Del Carria, Proletari senza (7) Ibid. rivoluzione, Milano, Edizioni Oriente, (8) Ibid 1970, Vol. 2, pp. 187-225. (20) Giorgio Amendola, Comunismo, antifascismo, resistenza, Roma, Editori Riuniti, 1967, pp. 48-49. L'autore ri- manda alla lettera inviata da Grieco all’Internazionale rintracciabile nell’ Archivio del P.C.L (9) Ibid., 6 agosto 1922. (10) Ibid., 7 agosto 1922. (11) Avanti! , 15 agosto 1922. (12) Ibid., 23 agosto 1922. (13) Ibid. (14) Ibid., 13 agosto 1922. (15) Renzo De Felice, Mussolini il Ri- voluzionario, Torino, Einaudi, 1965, p. 426. (21) Ardito del Popolo, / ottobre 1922. (22) R. Del Carria, op. cit., pag. 205.
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