Barricate a Parma_ocred
LEDA JOTTI la complicità dello stato nelle aggressioni fasciste Le fonti archivistiche che è stato possibile rinvenire a Parma sulla bat- taglia dell’Oltretorrente, sono poco numerose e di relativa importanza. Anche il protocollo riservato del sindaco, il protocollo riguardante gli Affari Generali, generalmente ricchi di netizie, sono stranamente privi di documenti che riguardinoi fatti del 1922. Le ragioni di queste ‘spa- rizioni” si spiegano se si dà credito al sospetto che i documenti abbiano in seguito subito manomissioni da parte di persone che avevano interes- se diretto a farlo. Il materiale trovato all'Archivio centrale dello stato a Roma, ci permet- te invece di vedere con sufficiente chiarezza la situazione di Parma tra il marzo e il settembre 1922. Il fascismo attuava il suo piano d’attacco; con estrema facilità si determinavano gravi incidenti, dai quali gli squa- dristi traevano pretesto per le loro sanguinose rappresaglie. Le spedizio- ni punitive avevano per obiettivo, in linea di massima, leghe, camere del lavoro, cooperative, sindacati; tutti quegli istituti insomma, che avevano leso gli interessi degli agrari e degli industriali. Nel parmense la tensione degli animi era piuttosto acuta, quotidiani scontri si registravano in città e in provincia. I dispacci del prefetto al ministero dell’Interno, contenevano preoccupate notizie sui disordini e continue richieste di aiuti per fronteggiare adeguatamente la situazione, inasprita dal “risveglio dei socialisti” definiti dal prefetto ‘“’sovver- sivi” (1). L’incapacità del governo di provvedere in modo efficace al ristabilimen- to della pace, si nota quindi chiaramente anche a livello locale, dove le autorità per paura O per filofascismo, piuttosto che arrestare gli squa- dristi perseguitavano socialisti © comunisti. Quando, ad esempio, alla fine di luglio l’invasione di camicie nere pia- centine nella bassa parmense turbò gravemente l’ordine pubblico, il prefetto insisteva presso la Direzione generale di pubblica sicurezza per- ché gli venissero inviati rinforzi per soffocare l'eventuale protesta dei s6cialisti (2). Le direttive del ministero si limitavano a consigliare le autorità a circoscrivere le violenze degli squadristi senza combattere; spesso però per le autorità locali non combattere il fascismo significava, in pratica, collaborare. Anche il prefetto Fusco, definito dalla stampa coeva debole e incerto, non era probabilmente incline alla violenza; però quello che concreta- mente faceva era una politica tendente a passare sopra le aggressioni fasciste, e a barcamenarsi nei contatti con tutti gli altri partiti. E’ chiaro che la debolezza dei funzionari determinava negli squadristi maggiore sicurezza e tracotanza. Il 4 agosto il prefetto Fusco, pur avendo a disposizione mille uomini, riferisce al ministero di non poter fronteggiare la situazione e chiede al ministro, qualora ne veda l’opportunità, di officiare presso la direzione centrale dei fasci, perché ordini a Balbo l’allontanamento delle masse fasciste dalla città (3). Siamo quindi di fronte alla completa impotenza dell’autorità politica e militare che mostra di non sapere o non volere intervenire contro lo squadrismo. La posizione degli organi governativi 59
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy ODkxNTE=