Barricate a Parma_ocred
60 locali, rispecchia fedelmente l’atteggiamento governativo di tacita ac- ‘ condiscendenza. A Parma la forza pubblica assiste impassibile, dal 2 al 5 agosto, all’arrivo di numerosi contingenti di squadristi armati e seguiti da camions di munizioni (4): quello che era tollerato benevolmente nei fascisti, era represso ferocemente nei “‘sovversivi”’. Visto inutile ogni tentativo di piegare Parma, Balbo fu costretto a nego- ziare la partenza e la pacificazione; la colpa per lo scacco subîto viene attribuito dai fascisti ‘alle autorità che, seguendo gli ordini di un gover- no vigliacco, proteggevano i sovversivi” (5). Dopo lunghe trattative si giungeva il 18 agosto alla pacificazione; alla riunione non partecipava il prefetto, la cui assenza, secondo il gen. Lodomez, era dovuta al timore che “potessero sorgere critiche all’auto- rità politica” (6). La relazione del prefetto al ministero esprimeva la preoccupazione che tale accordo rimanesse lettera morta, a causa di gruppi dissidenti tra cui “persone influenti del fascio, sobillate dal prof. Luigi Lusignani” e gruppi di socialisti e comunisti “che per analogia di temperamento seguono le prave tendenze dell’on. Picelli”. Si dimostra- va pure ‘contrario ad una vera e sincera pacificazione il dott. Balbo” (7). In seguito alle intromissioni del Lusignani, si andava accentuando la scissione fra l’on. Terzaghi e Botti, fiduciario provinciale del partito fascista, che erano sostenuti dalla maggior parte dei fascisti di Parma e Borgo S. Donnino, e i dirigenti della Bassa capitanati da Alcide Aimi, organizzatore dei sindacati economici, che si appoggiava a Farinacci; quest’ultimo aveva pubblicato sulla Gazzetta di Parma una lettera molto favorevole al Lusignani che era stato radiato dal fascio per volontà del Terzaghi e del Botti. Il 24 agosto, a Busseto, si teneva una riunione di rappresentanti delle sezioni fasciste della Bassa nella quale si stabiliva di non riconoscere il concordato del 18 agosto, concluso dal Terzaghi e dal Botti. Con questa decisione si cercava di non permettere il ritorno delle amministrazioni socialiste, che erano state costrette a dimettersi, non- ché la ripresa di attività da parte delle cooperative devastate. Il fiduciario del partito Botti, per chiarire la situazione ed eliminare l'opposizione dei gruppi dissidenti, indiceva il congresso provinciale del partito fascista per il 30 agosto; prima del congresso chiedeva di conferi- re con Mussolini (8). Il prefetto, venuto a conoscenza che il maggiore Teruzzi sarebbe inter- venuto al congresso provinciale, insisteva presso il ministero affinché gli fosse attribuito il mandato di sostenere il Botti e il Terzaghi, in modo da obbligare i dissidenti ad accettare la pacificazione. Questi non erano i soli problemi che agitavano Parma alla fine di agosto del 1922. Rimaneva da chiarire se le amministrazioni socialiste, che erano state costrette a dimettersi, potessero nuovamente tornare al loro posto. Secondo il prefetto i fascisti erano caduti in equivoco ritenendo che i socialisti non avrebbero ritirato le dimissioni; la maggior parte dei sindaci invece, si presentarono dichiarandosi “pronti a riassumere il loro ufficio”. i “Io temporeggerò alquanto”: questa la laconica soluzione del prefetto. Intanto le classi operaie per reagire ai fascisti e ai proprietari che li sostenevano, manifestavano il proposito di riunirsi davanti ai municipi per chiedere lavoro; tutto ciò induce il prefetto a chiedere maggiori mezzi possibili: rinforzi di carabinieri, di truppe, di funzionari e di agenti investigativi. Dalla relazione del prefetto risultano anche gli sforzi dei dirigenti del fascio per giungere ad una fusione dei fasci con le . organizzazioni sindacaliste. Il prefetto non esclude neppure chei fascisti ‘finora sostenitori degli agrari, per mantenere le promesse” fatte ai lavoratori ‘“per indurli a passare o ad unirsi ai fasci, siano poi costretti ad assumere” atteggiamenti di forte pressione, che potrebbero mutarsi in vera ostilità contro gli stessi agrari (9). Nel settembre, malgrado il Patto di pacificazione fosse stato ratificato dal congresso, si hanno atteggiamenti minacciosi da parte fascista. In seguito all'emissione di venti mandati di cattura contro squadristi re- sponsabili di devastazioni, gruppi dissidenti inducono il direttorio pro- vinciale ad intensificare le agitazioni in segno di protesta. Il Botti tele- grafò alla direzione del partito perché interessasse il ministero, dando a È ® GABINETTO DI S.E IL MINISTRO De Sora la (25 er dla preso AG A ALS Asti ce. RERA_pEA DREI Agg MGIEAE PA Le GAR ‘24 soir un bai I A, CIA LR LR — dente gprsid 2 I fascisti, battuti nell’agosto, preparano un nuovo assalto alla città di Parma; il 2 settembre, come si legge nel documento che riportiamo, Botti, del Gabinetto del ministro degli Interni, così telegrafa al console Ranieri a Fidenza: “Approvo tuo primo comunicato alle sezioni. Di- sponi che per mercoledì mattina tutte camicie nere parmensi siano pronte mar- ciare obiettivi che verranno segnati. Continua ed intensifica tua opera 2.a z0- na. Inviato speciale porterà riservatissi- ma”. La spedizione non verrà poi attua- ta a causa della ormai prossima e concer- tata “marcia” su Roma. Nei primi giorni dell’agosto 1922 forti contingenti fascisti si concentrano a Par- ma; il governo è a conoscenza del dise- gno fascista ed è informato della grave situazione dai dispacci dei funzionari lo- cali ma si guarda bene dall’intervenire. E° chiaro che la classe dirigente liberale non ha alcuna intenzione di bloccare le squadre di Balbo. Il governo ha già fatto la sua scelta: mentre tollera benevol- mente le violenze fasciste perseguita i ‘‘sovversivi”’ che intendono difendere la legalità. Nelle foto: quattro dispacci del 2,4e5 agosto coi quali il prefetto Fusco infor- ma il ministro dell’Interno della situa- zione di Parma.
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