Barricate a Parma_ocred

MARIA GRAZIA GUALERZI unità popolare. sulle barricate Nell’agosto del 1922 il contrasto esistente fra socialisti e sindacalisti rivoluzionari, sotto la spinta degli avvenimenti che li coinvolsero diretta- mente, conobbe un momento di pausa. Tutte le forze di sinistra infatti ritrovarono o meglio realizzarono quell’unità d’azione che fin dall’ante- guerra si erano prefissi. Essi in quell’occasione seppero superare gli anta- gonismi che li avevano divisi fin dallo sciopero del 1908 e che l’inquieto dopoguerra aveva acuito. A Parma esistevano in quell’epoca due forti camere del lavoro: la Confe- derale, con sede in via Imbriani, e la Sindacalista rivoluzionaria, aderen- te all’U.I.L., in borgo delle Grazie; oltre a queste esisteva l’Unione sindacale parmense in borgo Rossi, alla quale facevano capo quei sinda- calisti rivoluzionari che non avevano voluto accettare la guerra: essa rappresentava la continuazione dell’U.S.I. in sede locale, ed era diretta da Umberto Balestrazzi e da Silvestro Motta. La Camera del lavoro confederale pubblicava un settimanale, L'/dea, che rifletteva la vita, sia delle organizzazioni, sia del socialismo par- mense. L’Internazionale era il settimanale dei sindacalisti rivoluzionari che avevano ancora in Alceste De Ambris il loro capo spirituale. Entrambi i giornali qui citati esaltarono, in occasione delle giornate di Parma, lo spirito di sacrificio € l’eroismo dimostrato dalla popolazione e parvero parlare all’unisono. Passato il primo momento di sbigottimento seguito agli avvenimenti, i due gruppi non si mantennero uniti, contri- buendo ad aumentare la precarietà delle organizzazioni loro affidate. L’unità d’azione realizzata in quei giorni fu molto probabilmente frutto di una coincidenza dettata dai bisogni del momento e non dalla volontà di combattere anche in seguito un nemico comune. Terminata la battaglia sorsero i primi contrasti fra le forze di sinistra sull’interpretazione da assegnare al movimento. Contro gli ambienti favorevoli al fascismo, che giustificavano l'invasione di Parma da parte delle squadre fasciste come un Mezzo, forse l’unico, per salvare la patria dalla rivolta della classe operaia, insorsero i socialisti. Secondo il loro punto di vista infatti la patria non era in pericolo, perché non si era trattato di un movimento insurrezionale, ma di una reazione legittima alle intimidazioni fasciste. La decisione di continuare lo sciopero ad oltranza e di approntare le opere di difesa (trincee, barricate) era stata presa solo dopo che l’auto- rità di Parma aveva dichiarato di non sentirsi ‘di garantire il diritto alla vita dei cittadini” (L’Idea, 12 agosto 1922). Coloro che non intende- vano sottomettersi alla volontà delle squadre fasciste, erano stati messi nella condizione di difendersi da soli. Si trattava dunque peri socialisti parmensi non di una rivolta, ma di un atto di legittima difesa. L’affer- mazione era giustificata da numeroso ragioni: la partecipazione di tutto il popolo e di coloro che in nessun caso avrebbero aderito ad un movi- mento di tipo insurrezionale, la morte di un giovane consigliere comu- nale aderente al partito popolare. Parma si era difesa, e per difendersi si era messa anche contro la legge, 67

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