Barricate a Parma_ocred
68 se di legge si poteva parlare in quei giorni. Le autorità avevano rinuncia- to ai propri poteri ed avevano abbandonato la città nelle mani dei “barbari”. In questo modo era stata possibile ‘‘l’offesa alla libertà; alla vita, alla civiltà... lo spregio e la distruzione incontrastata di uomini e di cose, come di ogni valore morale” (L’/dea, 12 agosto 1922). Tutto questo rattristava ed umiliava l’ambiente socialista nonostante la certez- za che, dal contegno tenuto e dai fascisti e dall’autorità, sarebbero derivati vantaggi al socialismo, ‘‘perché mai fu fatta più efficace propa- ganda antifascista” (L’/dea, 12 agosto 1922, L’orgia infame). Il governo e la borghesia che avevano pensato di “poter sopprimere con atti di terrore gli istituti e gli uomini rappresentativi del proletariato e di poter fermare con le rivoltelle e coi pugnali il popolo nella via della liberazione”, avevano fomentato l’odio e lo spirito di vendetta, accumu- lando le premesse di una catastrofe nazionale di cui non si potevano prevedere i limiti e le proporzioni. In quel momento il socialismo parmense si trovava su di una posizione di difesa: tale stato lo si può desumere sia dal giudizio espresso sugli avvenimenti di Parma, sia dalle condizioni in cui si trovava ad agire. Nonostante il successo conseguito nei primi anni del dopoguerra, i so- cialisti parmensi avevano dovuto subire la concorrenza dei sindacalisti rivoluzionari, forti in città e nelle zone della media pianura, e dal 1921 anche quella dei comunisti che erosero la compagine socialista dall’in- terno. I primi attacchi fascisti alle organizzazioni colsero il socialismo in un momento di particolare debolezza. Invece di reagire i socialisti pen- sarono, a differenza di quanto sostenevano i comunisti, di difendersi nel tentativo di salvare le organizzazioni sorte nella bassa parmense e che erano oltre che la loro forza, il frutto di un lavoro di decenni. Continuando a mantenere tale atteggiamento non si avvidero che il fascismo sfruttava la loro fiducia in un domani migliore per combatterli ‘ con più accanimento. Infatti i fascisti, dopo l’invasione di Parma, nel ritornare èi loro paesi si scagliarono contro le organizzazioni della bassa e le distrussero. I sindacalisti rivoluzionari invece interpretarono i fatti di Parma come un movimento di carattere insurrezionale. La sollevazione di tutto un popolo che in breve tempo aveva saputo erigere barricate, scavare trin- cee e la battaglia combattuta dai lavoratori ‘con sì magnifico slancio”, avevano un interesse che superava i confini troppo angusti della nostra provincia. Per comprendere le ragioni che conferivano al popolo di Parma un così alto spirito di combattività, occorreva ‘riandare alle fonti dalle quali aveva potuto attingere le energie necessarie per combat- tere”. Occorreva inoltre ricercare quegli elementi che avevano contribui- to “ad alimentare nei lavoratori l’orgoglio di classe e l’amore per la libertà”. Alla generosità istintiva aveva fatto riscontro ‘una propaganda diretta ad elevare lo spirito dei singoli e ad infondere nella collettività una fiducia sconfinata nelle forze che può sprigionare la classe lavoratri- ce’, i Il popolo di Parma aveva imparato a confidare soprattutto, anche se non esclusivamente, nella sua capacità di resistenza, ed a considerare lo sciopero generale ‘‘come l’arma più efficace per combattere e vincere le battaglie del lavoro”. A queste ragioni di carattere sindacale andavano aggiunte altre di ordine essenzialmente sentimentale. Il Risorgimento aveva trovato nei popolani dei borghi dei giustizieri che avevano colpito i tiranni: ne era esempio l’episodio del governatore Anviti. Tale episodio aveva assunto “il signifi cato di monito severo per tutti coloro che si illudono di riuscire a soffocare lo spirito di ribellione di questo popolo, generosissimo, ma insofferente di ogni forma di compressione della libertà”. Anche in occasioni più recenti il popolo di Parma aveva dato prova delle . sue qualità: lo sciopero del 1908 e la prima guerra mondiale, per i sindacalisti rivoluzionari, ne erano la testimonianza più valida. Nell'’immediato dopoguerra i lavoratori di Parma pur assistendo alla caduta di tutte le loro illusioni, non avevano trascurato ‘di mettere in valore tutti i loro titoli di merito. Alla guerra sleale, sorda, implacabile dei nuovissimi rinnovatori asserviti ai pescecani”’, avevano risposto fron-
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