VOL1_Tesi_con copertina

109 5. L’Atlante Sardi 5. L’ATLANTE SARDI 5.1. Inquadramento storico 5.1.1. Parma all’arrivo dei Borbone La dominazione borbonica a Parma iniziò nel 1732, quando i ducati farnesiani furono assegnati a don Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese e di Filippo V re di Spagna, passando quindi alla discendenza del ramo femminile della famiglia Farnese, in seguito all’estinzione del ramo principale per la morte senza eredi del duca Antonio nel 1731. Il governo del giovane duca durò poco a causa della sua elezione nel 1734 a re delle Due Sicilie, cui seguì la sua partenza da Parma e lo spoglio dei palazzi della capitale, di Colorno e di Sala, della ricca collezione artistica comprendente 400 esemplari fra quadri e statue e della biblioteca e archivio farnesiani, ricchi di più di 13.000 volumi e 1000 manoscritti, pazientemente raccolti nei decenni di dominio precedente 1 . A seguito dell’ascesa al trono di Napoli di don Carlo, il ducato di Parma entrò a far parte dei domini austriaci, divenendo così teatro delle guerre fra austriaci e piemontesi contro gli spagnoli per la conquista della supremazia europea. Il territorio parmigiano venne quindi devastato da anni di guerre che, insieme alla mancanza di un forte potere centrale, dovuta al continuo avvicendarsi di governi differenti, portarono ad una grave crisi dello stato. Questa situazione di incertezza generale si protrasse fino al 1748 quando, grazie alla pace di Aquisgrana, i ducati di Parma e Piacenza, con l’aggiunta di quello di Guastalla, furono assegnati a don Filippo di Borbone, secondogenito di Elisabetta Farnese, come feudo imperiale sotto la tutela di Francia e Spagna 2 . All’arrivo del duca a Parma, nel 1749, la situazione dello stato era disastrosa. La megalomania dei Farnese, culminata nelle eccessive sfarzosità e nelle spese folli della corte, aveva impoverito le finanze pubbliche statali e degli enti locali. Un progressivo declino era iniziato già sul finire del Seicento e nemmeno gli interventi tentati da Francesco e Antonio Farnese erano riusciti a ridurne l’entità. Gli anni di guerra avevano inoltre fiaccato l’economia dello stato, contribuendo ad aggravare la già difficile situazione. Il problema principale era quindi il debito pubblico, cui si aggiungevano i mancati introiti derivanti dall’alto numero di esenzioni e di immunità concesse a vario titolo al clero, alla nobiltà, ai militari e ad alcuni feudi come le Valli dei Cavalieri e il feudo vescovile di Mezzani 3 . In modo particolare pesavano le immunità del clero che, grazie ai favoritismi della politica farnesiana, aveva aumentato notevolmente i propri possedimenti, sui quali però non era applicata alcuna tassazione. Gli enti ecclesiastici potevano infatti contare sui molti donativi ricevuti in eredità, sui proventi delle decime e delle questue e sulle dotazioni delle monache, sempre più ingenti, che portavano monasteri e conventi ad aumentare il loro patrimonio immobiliare costituito da poderi, orti e case. Anche il clero secolare vantava grandi ricchezze, possedute spesso a titolo personale dai sacerdoti, sempre più numerosi. In tal modo due terzi dei migliori beni dei ducati 4 appartenevano ad enti ecclesiastici tra cui si contavano 91 tra chiese ed oratori, 19 confraternite, 4 congregazioni, 21 conventi femminili, 18 conventi maschili e pii conservatori 5 . Questa situazione generava forte malcontento tra la popolazione, costretta a pagare un carico tributario maggiore e a soffrire uno stato generale di iniquità della tassazione. Il sistema tributario inoltre era complicato e arretrato, basato su vecchi estimi descrittivi farnesiani di cui le comunità lamentavano il mancato 1 B ernini F., 1979, p. 135 2 T ogninelli L., 1998, p. 15. L’appoggio della Spagna era assicurato in quanto patria di don Filippo, mentre quello della Francia era garantito dal matrimonio di don Filippo con Luisa Elisabetta, figlia del re di Francia Luigi XV. 3 B ernini F., 1979, p. 137 4 B enassi U., 1915, vol. 1, p. 90 5 T ogninelli L., 1998, p. 16

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