VOL1_Tesi_con copertina

110 5. L’Atlante Sardi aggiornamento e la fallacia delle denunce fatte dai proprietari. La situazione generale vedeva quindi i comuni sempre più indebitati, gli abitanti sia della città che della campagna sempre più oppressi, mentre la ricchezza maggiore si concentrava nelle mani degli ecclesiastici che erano immuni dal pagamento di tributi 6 . L’elevato numero di proprietà fondiarie in mano ai religiosi non aveva ripercussioni negative solo sulle entrate fiscali dello Stato, ma anche sull’agricoltura. Spesso infatti a monasteri e conventi erano assegnati i migliori appezzamenti di terreno che venivano lasciati in uno stato di incuria ed abbandono invece di essere adeguatamente coltivati 7 . Quando invece venivano dati in affitto si verificavano speculazioni da parte degli affittuari che a loro volta subaffittavano, aumentando i loro guadagni, ma opprimendo i contadini. Lo stato generale dell’agricoltura non era florido; le tecniche di coltivazione erano arretrate e vulnerabili agli eventi atmosferici. I campi erano poco produttivi sia per la mancanza di fertilizzazione derivante dalla scarsità di animali, sia per il disinteresse da parte della nobiltà proprietaria ad investire per il miglioramento dei fondi. Anche i contadini erano ostacolati nell’effettuare investimenti a causa della durata troppo breve dei contratti agrari e delle condizioni di sfruttamento in cui erano tenuti dagli affittuari. Ma oltre ai fattori oggettivi di difficoltà tecnica e arretratezza dei mezzi produttivi, problema fondamentale era il generale stato di languore in cui sia nobili che contadini versavano 8 . Le riforme e il progresso tecnico non erano nemmeno tentati e si accettava lo scarso raccolto rinvenendone la causa nella vecchiezza della terra o nell’avversità delle stagioni, in uno stato di passività generale. Sull’agricoltura gravavano inoltre le pesanti tassazioni statali e comunali, le decime, le collette e le questue, effettuate da religiosi mendicanti, bargelli, birri ducali e feudali. Il risultato di tutto questo erano raccolti scarsi, insufficienti a coprire il fabbisogno cittadino e quindi il ripresentarsi periodico di carestie 9 . Anche le industrie e i commerci non potevano vantare una situazione migliore. La produzione era scarsa e accompagnata da un alto livello di disoccupazione. Le cognizioni tecniche erano arretrate e non vi erano scuole di specializzazione idonee alla formazione degli artigiani e degli operai. Anche l’industria della lana, fiorente in epoca farnesiana, era progressivamente decaduta soppiantata da quella della seta. Gli ostacoli maggiori allo sviluppo industriale erano però l’inoperosità e le frodi messe a punto dagli operai, la mancanza di investimenti di capitali e di cognizioni tecniche unite alle forti imposizioni daziarie. Queste ultime erano altresì alla base dei problemi nel settore dell’esportazione che opprimevano il commercio, gravato ulteriormente dai vincoli sempre maggiori imposti dalle diverse amministrazioni e dalla mancanza di vie di comunicazione idonee al trasporto delle merci. Tutti questi fattori fecero sì che i commerci, fiorenti nei secoli precedenti soprattutto a Piacenza, subissero una progressiva decadenza 10 . Questa situazione era il riflesso e la ragione di una società dominata da una nobiltà oziosa, sfarzosa e amante del gioco, noncurante dei propri interessi e non in grado di fornire capitali e attività per consentire il miglioramento dell’agricoltura, dell’industria e degli scambi. I nobili erano infatti privi di ogni potere politico e ridotti a cortigiani, senza alcun interesse per l’avanzamento del paese. Ad arginare questo degrado morale e culturale non si era nemmeno formata, salvo rari casi, una classe borghese forte, che traesse i suoi guadagni dal commercio e che fosse in grado di condizionare e promuovere lo sviluppo dello stato. La maggior parte della popolazione era costituita principalmente da poveri e viveva spesso in condizioni di indigenza. Prevalevano superstiziosità e ignoranza che rendevano la plebe fortemente manipolabile e condizionabile dalla nobiltà e dal clero. In questa condizione di povertà dilagante, diffuse erano la malvivenza e il senso di 6 B enassi U., 1915, vol. 1, p. 90 7 C ipelli B., 1895, pp. 110-111 8 C ipelli B., 1895, pp. 113-114 9 B enassi U., 1915, vol. 1, pp. 93-94 10 B enassi U., 1915, vol. 1, pp. 97-99

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