VOL1_Tesi_con copertina
111 5. L’Atlante Sardi insicurezza 11 . Anche dal punto di vista architettonico e urbanistico la situazione della capitale era deprecabile, a cominciare dai palazzi di corte, che dopo le spogliazioni di don Carlo avevano perso ogni splendore. Lo stato generale della città era ancora peggiore: «quasi tutte le case anche delle vie principali avevan carta alle finestre in luogo dei vetri; mancavano le grondaie ai tetti; la gente sedeva sui banchi davanti alle porte delle case; i vasi di fiori alle finestre e sui terrazzi, a continua minaccia dei passanti; acciottolate le strade e la piazza grande, in cui si teneva il mercato della verdura; la pulizia di quelle (in cui spesso vagavano abusivamente animali porcini), imposta ai privati dalle solite gride, che a tratto a tratto ne deploravano l’indecenza e l’impraticabilità per i cumuli di immondizie, letami e fango; i mestieri più umili, esercitati nelle vie più centrali; i monumenti, abbandonati alle offese dell’ignoranza e del pessimo gusto: perfino i portici del Palazzo del Comune (come fu fatto anche a Piacenza nel bel Palazzo gotico), malamente chiusi per farvi un corpo di guardia» 12 . Le case erano spesso strette e malsane e insufficienti a coprire la richiesta di alloggi, sempre crescente per l’immigrazione in città di molti contadini in cerca di lavoro che, non trovandolo, aumentavano il numero dei disoccupati bisognosi non in grado di pagare gli affitti. La costruzione di nuove case era pressoché inesistente e quelle presenti erano spesso fatiscenti soprattutto nella zona dell’Oltretorrente. Ad aggravare la carenza abitativa vi era l’abitudine da parte dei nobili di acquistare le case confinanti per allargare le proprie, riducendo ancor di più il numero di alloggi disponibili 13 . Solo alcuni edifici di culto e i complessi monastici religiosi uscivano da questo stato di degrado generale, grazie ai restauri operati su alcune chiese e alla ricchezza intrinseca dei complessi monastici. In questa situazione di decadenza e torpore generale anche la cultura era ormai assopita. Le scuole elementari erano mancanti sia in città che in campagna e le poche presenti erano private e dirette da alcuni preti non adeguatamente qualificati che non garantivano una vera istruzione. Le scuole secondarie (o gesuitiche) non davano una formazione professionalizzante; mancavano del tutto gli insegnamenti tecnici su agricoltura, industria e commercio, assolutamente necessari per risollevare le sorti dello stato, favorendo al contrario le discipline umanistiche con prevalenza del latino e della metafisica 14 . Nonostante quindi l’istruzione primaria fosse scadente, quella superiore costituita dall’università era di buon livello, fornendo agli allievi una valida preparazione dalla quale rimanevano comunque escluse le materie scientifiche. Totalmente assenti erano invece scuole di pittura e accademie di una certa importanza, tanto che le maggiori produzioni erano opera di artisti stranieri, tra loro disomogenee e pertanto non collocabili all’interno di una scuola locale. Non vi erano né scuole né organizzazioni pubbliche che consentissero un’aggregazione di artisti. Anche la committenza di opere era carente; la corte infatti nel tentativo di limitare le spese aveva negli ultimi anni limitato le acquisizioni e le commissioni e anche la nobiltà non era particolarmente avvezza al mecenatismo 15 . A questo si aggiungeva il vuoto lasciato dal trasferimento delle opere artistiche e letterarie a Napoli, cosa che minò lo sviluppo della cultura a Parma, vanificando di colpo il mecenatismo farnesiano e l’acquisizione di tesori d’arte caparbiamente portata avanti dai duchi. Ma nonostante il clima generale ostile alla crescita culturale, continuavano a sopravvivere alcune istituzioni di non secondaria importanza. L’università innanzitutto fungeva da polo gravitazionale richiamando molti studenti dall’estero e 11 B enassi U., 1915, vol. 1, pp. 102-103 12 BPPr, Note del Moreau de Saint-Méry, ms. Parm. 551, p. 315 ( citato in B enassi U., 1915, vol. 1 pp. 101-102) 13 Memoria inviata a Guglielmo Du Tillot «dai deputati per rilevare lo stato della popolazione della città di Parma». ASPr, Sezione statistica, Censimenti, Descrizione di tutta la città di Parma seguita l’anno 1765. 14 B enassi U., 1915, vol. 1, p. 113 15 C eschi L avagetto P., 1979, p. 18
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