VOL1_Tesi_con copertina
116 5. L’Atlante Sardi da Papa Paolo III per il figlio Pierluigi Farnese, aveva infatti reso Parma il più guelfo degli stati italiani, considerato dallo Stato della Chiesa come una sorta di proprio feudo. Grandi sforzi furono fatti quindi per ridurre l’influenza della Santa Sede e poter considerare anche gli ecclesiasti come normali cittadini, di conseguenza soggetti agli stessi diritti/doveri del resto della popolazione. L’offensiva del Ministro fu rivolta verso le enormi ricchezze, i numerosi privilegi ed esenzioni di cui godeva il clero e contro l’oscurantismo della Chiesa, nell’intento di formare uno stato laico, come stava avvenendo nel resto d’Europa 30 . Il primo atto governativo contro i religiosi fu la Prammatica del 13 gennaio 1764 che prevedeva la perequazione dei carichi pubblici estendendo anche agli ecclesiastici la tassazione. Ma il provvedimento che sancì la rottura definitiva con Roma fu la Prammatica del 25 ottobre 1764, detta “sulle manimorte”, che proibiva di vendere o lasciare come testamento beni ad enti ecclesiastici, se non per la ventesima parte del patrimonio, purché questa non superasse i 300 scudi di Parma. Inoltre tutti i beni enfiteutici o livellari o vincolati ad annue prestazioni verso le manimorte si ritenevano come beni in pieno possesso e quindi alienabili senza restrizioni 31 . A questo atto seguì nel 1765 la creazione della Real Giunta di Giurisdizione con il compito di affermare la supremazia del potere regio su quello ecclesiastico. Tale istituzione doveva vigilare sulle predicazioni che potevano essere solo evangeliche e con contenuti che attenessero solo alla sfera spirituale e non a quella temporale; doveva inoltre regolare i rapporti tra il clero locale e la Santa Sede e limitare i poteri dell’Inquisizione, fino alla sua totale eliminazione nel 1769. Nel 1768 furono espulsi i Gesuiti con la confisca dei relativi beni e nel 1769 furono soppressi una sessantina fra conventi, confraternite e luoghi pii con un basso numero di religiosi 32 . I beni così confiscati agli enti religiosi soppressi passarono all’Amministrazione del Patrimonio dei poveri diventando patrimonio statale e in parte furono destinati al finanziamento degli Ospizi di Parma e Piacenza, dei parroci poveri e dell’istruzione pubblica 33 . Ma il problema legato alla mancanza di terre coltivabili e ai contratti di affitto che favorivano speculazioni a danno dei contadini non fu risolto. Le terre confiscate infatti non furono vendute ma date in affitto, non eliminando così alla radice il problema delle speculazioni. Allo stesso modo anche molte delle altre riforme non portarono i risultati sperati. Nonostante infatti la volontà di migliorare il sistema impositivo e di meglio ripartire il carico fiscale facendo pagare anche coloro che fino a quel momento erano stati esentati, le tasse non diminuirono, anzi aumentarono per cercare di risanare le finanze dello Stato. Anche la tanto attesa riforma catastale, che avrebbe consentito la perequazione dei tributi alleviando così il carico gravante sui contadini e portando benefici allo sviluppo agricolo, rimase incompiuta. Pure i provvedimenti presi a favore dell’agricoltura restarono lettera morta; non fu risolto il problema legato al regime oneroso degli affitti, furono dati incentivi a colture infruttifere che giovavano solo all’industria non eliminando la carenza alimentare. Inoltre il popolo non era culturalmente preparato ad accogliere le innovazioni ma era strettamente legato a tecniche tradizionali e non aveva le conoscenze tecniche, né la volontà di impegnarsi per il miglioramento 34 . Nonostante la maggiore attenzione dedicata all’industria, anche questa non ebbe lo slancio sperato; fallì il tentativo di formare maestranze locali specializzate per le troppe industrie nuove, il sistema di protezionismo e vincoli limitò gli scambi commerciali vanificando l’aumento di produzione e rendendo difficoltosa la vendita della merce. La chiusura del mercato non portò ad una riduzione dei prezzi dei generi di prima necessità, ma ne provocò spesso forti aumenti, gravando ancora di 30 C anali G., S avi V., 1978, pp. 205-207 31 B enassi U., 1921, vol. 3, pp. 11-15 32 T ogninelli L., 1998, pp. 18-20 33 C ipelli B., 1895, p. 116 34 B enassi U., 1921, vol. 3, pp. 180-182
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