VOL1_Tesi_con copertina
1. La rappresentazione del territorio e della città 50 A a distanza nota dalla torre (AD nota). Si riportavano sulla tavoletta il punto A’, proiezione del punto A, e la linea A’D’, parallela al suolo e riduzione in scala della distanza AD. Facendo perno in A’ con la diottra si traguardava in C e si tracciava la linea di direzione corrispondente (c). Partendo dal punto D’ si tracciava la verticale parallela all’andamento della torre. Dall’intersezione di tale linea con c, si determinava il punto C’ e D’C’ era la distanza cercata. Come visto, la tavoletta pretoriana permetteva di eseguire misurazioni indirette partendo da una misura nota, effettuata direttamente sul terreno. Per la misurazione diretta di distanze venivano usati strumenti rigidi, ad esempio aste , canne metriche, pertiche , oppure flessibili o pieghevoli come catene, funi agrimensorie, nastri 71 . Questi ultimi avevano il vantaggio di poter essere trasportati agevolmente arrotolati su rulli, ma per la corretta misurazione del terreno dovevano essere tesi con cura. I materiali impiegati erano generalmente ferro e legno. Gli strumenti in legno avevano comunque le estremità ricoperte di metallo per evitare che l’usura ne alterasse la lunghezza. Le dimensioni erano variabili a seconda dello scopo per cui venivano impiegati e inizialmente erano basate su unità di misura naturali. Si ricordano ad esempio il braccio, il palmo, il piede, la tesa 72 , in riferimento a misure antropometriche, e il versus 73 e lo stadio 74 . Successivamente, data la mancata univocità delle misure, si passò ad unità di misura convenzionali, riferite a campioni oggettivi. Anche se variabili da regione a regione e spesso da città a città, erano unità oggettive e convertibili da un sistema di misura all’altro. Si dovette aspettare il 1791 per l’introduzione del metro quale sistema di misura internazionale. Altro strumento in grado di misurare le distanze in modo diretto era l’ odometro 75 . Si trattava di una sorta di contachilometri, costituito da un sistema ad ingranaggi collegato alla ruota di un carro. Veniva regolato in base alla circonferenza della ruota in modo che un miglio corrispondesse a 400 giri. Per ogni miglio percorso il meccanismo lasciava cadere un sassolino all’interno di un recipiente in modo tale che alla fine, contando i sassolini, fosse possibile determinare le miglia percorse. Non ne è mai stata ritrovata una testimonianza archeologica, ma il suo funzionamento è desumibile dalle descrizioni di Vitruvio ed Erone Alessandrino. Misure lineari erano anche ottenibili tramite il cannocchiale distanziometrico di Reichenbach. Risalente al 1810, era in grado di misurare la distanza grazie a un reticolo a due punte rettificabili e ad un grande angolo parallattico 76 . Altro 71 C olombo L., S elvini A., cit . 72 Si intende la distanza tra le punte del dito medio di una persona a braccia aperte. 73 Lunghezza del solco che un bue fa in un unico tratto. Per i Romani corrispondeva a 120 piedi, per i Greci a 100. 74 Unità di misura di non facile determinazione. Sembra essere riferita alla distanza che un uomo robusto poteva compiere di corsa, assunta di solito pari a 1000 piedi (300 metri). 75 C olombo L., S elvini A., cit .; Macchinari romani in <http://www.romanoimpero.com/2009/10/ strumenti-romani.html> 76 C olombo L., S elvini A., cit . Fig. 22 Misurazione altimetrica. Disegno ricostruito sulla base di C eneri A.M., 1749 Tavola Sesta
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