VOL1_Tesi_con copertina

58 2. Analisi storica dei catasti 2.2. I catasti geometrico-particellari La catastazione medievale, basata sulle denunce dirette da parte dei proprietari e difficilmente controllabile dalle autorità, portava a designazioni dei beni spesso troppo generiche e a stime piuttosto arbitrarie che si traducevano in inique tassazioni che agevolavano i ricchi proprietari a svantaggio della popolazione meno abbiente. Intorno al XVIII secolo, quindi, con l’aumento di potere della borghesia e delle classi popolari, si sentì la necessità di rivedere il sistema impositivo e di conseguenza anche il sistema catastale su cui quest’ultimo si basava. Per limitare le frodi era necessario che il catasto fosse redatto direttamente dall’autorità competente e basato su rilievi oggettivi delle proprietà. I progressi nel campo del rilievo topografico e in quello delle tecniche agrimensorie facilitarono in tal senso il rilevamento del territorio, consentendo la creazione di mappe con la precisa individuazione planimetrica delle singole proprietà. Si trattava di cartografie esclusivamente zenitali, realmente corrispondenti alla struttura del territorio, su cui venivano indicati sia i terreni che i fabbricati. Alla presenza di queste mappe a corredo dei registri descrittivi si deve il nome di catasti figurativi geometrici o cartografici, con cui i catasti iniziarono ad essere indicati a partire dal Settecento. I rilievi erano eseguiti da apposite commissioni di geometri, periti e agrimensori e tutte le operazioni erano precisamente stabilite da regolamenti emanati dall’autorità governativa che indicavano linee guida e procedure da tenere sia in termini di rilievo che di disegno e di stima, per garantire l’uniformità dei documenti realizzati all’interno dello stesso stato. L’unità base della tassazione poteva essere la massa di coltura omogenea, ovvero l’estensione continua di terreno destinato alla stessa tipologia di coltura e con uguale grado di produttività (qualità e classe), senza distinzione tra i proprietari, oppure la particella catastale. Fu quest’ultima la novità fondamentale che garantì una tassazione più equa e ripartita tra tutti i proprietari proporzionalmente ai beni posseduti e che fu alla base dei moderni catasti, andando progressivamente a sostituire l’unità costituita dal focatico o dalla massa di coltura. La particella corrispondeva a una porzione continua di terreno o di fabbricato, ubicata nello stesso comune e di proprietà dello stesso possessore, della stessa qualità e classe e avente stessa destinazione produttiva. Ad ogni particella delineata sulla mappa corrispondeva un numero identificativo univoco, cui venivano associati attributi relativi alla rendita, alla tipologia e alla classe di coltura e al nome del possessore. I documenti da cui i catasti dovevano essere costituiti variavano a seconda dell’area geografica e del particolare catasto in esame, ma generalmente comprendevano fogli di mappa divisi per sezioni territoriali, sommarioni contenenti l’elenco delle particelle in ordine numerico con indicazioni dei proprietari e delle caratteristiche, registri contenenti l’elenco alfabetico dei proprietari con le relative proprietà, registri delle mutazioni con la funzione di aggiornare il catasto tenendo conto dei passaggi di proprietà, libri figurati con rappresentazione specifica di ogni particella ed eventuali documenti utili alla fase di rilievo sul campo. I catasti settecenteschi erano anche espressione di un potere centrale solido, che utilizzava tali strumenti per la conoscenza del territorio oltre che per la riscossione dei tributi. Erano quindi fondamentali strumenti di governo che facevano sentire la presenza forte dell’autorità centrale. Spesso infatti si tradussero in strumenti per limitare il peso delle manimorte e le esenzioni di cui troppa parte della popolazione nobiliare ed ecclesiastica poteva godere. Tali esenzioni avevano un rilevante peso sulle casse degli stati che non potevano fruire di entrate spesso consistenti. Alla luce di queste riflessioni, l’importanza dei catasti settecenteschi può essere sintetizzata considerandoli come «mezzo di promozione dell’uguaglianza dei diversi gruppi sociali di fronte alla legge, di abbassamento di prerogative e privilegi, di costruzione di uno Stato che sia arbitro assoluto ma anche imparziale della società» 17 . 17 Z angheri R., 1980, p. 52

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