VOL1_Tesi_con copertina
68 2. Analisi storica dei catasti 2.2.5 Il Catasto Rabbini Nel Regno di Savoia, negli anni di poco precedenti all’Unità d’Italia, si sentì la necessità del riordino dei catasti, tramite la formazione di un nuovo strumento che si ponesse come base equa di valutazione e controllo delle proprietà e come modello esemplare da applicare ad un territorio più vasto e disomogeneo quale lo Stato Italiano che in quegli anni si stava tentando di formare 67 . Lo scopo della redazione di un nuovo catasto era «non solo tutelare la pubblica amministrazione, ma soprattutto favorire la proprietà privata. Al di là di migliorare il riparto dell’imposta, l’obiettivo preposto era quello di agevolare le contrattazioni, di regolamentare il regime ipotecario e il credito fondiario, di organizzare i lavori pubblici, di conservare i limiti dei fondi, di pervenire ad una statistica agricola aggiornata, di realizzare una planimetria dello stato completa e moderna» 68 . In altre parole, creare uno strumento che consentisse il progresso dello Stato. Nel 1853, su iniziativa di Cavour, fu pertanto istituito l’Ufficio del Catasto presso il Ministero delle Finanze, sotto la direzione di Antonio Rabbini; con la legge 1914 del 4 giugno 1855 Catasto stabile negli Stati Sardi di Terraferma si diede quindi avvio alle operazioni catastali, note come Catasto Rabbini. Si tratta di un catasto geometrico-particellare moderno, realizzato nella parte cartografica inquadrando i rilevamenti nella rete di triangolazione usata per il catasto di Ginevra del 1841 69 . Le operazioni di rilievo erano quindi scientifiche e basate su un sistema di inquadramento generale che sorpassava i confini nazionali, avvicinando questo catasto alle concezioni moderne, che considerano la cartografia catastale come parte integrante di un sistema cartografico più generale. A tale scopo furono istituite apposite scuole censuarie per formare i tecnici addetti ai rilevamenti e i funzionari che dovevano occuparsi delle operazioni di catastazione in senso stretto. Gli strumenti usati erano indicati dall’amministrazione competente e comprendevano piombini, paline, canne e catene metriche, squadri graduati, tavolette pretoriane, grafometri, bussole topografiche e teodoliti ripetitori. Le mappe realizzate in seguito a tali rilievi erano precise e strettamente codificate nei segni grafici e nella simbologia; erano redatte generalmente in scala 1:1000, mentre nei centri abitati la scala poteva aumentare fino a 1:500 70 . Accanto alle mappe vi erano sommarioni, matrici, libri di campagna, libri figurati, dati trigonometrici e, per la prima volta, furono introdotte le fotografie a documentare lo stato di fatto dei luoghi. I sommarioni raccoglievano le informazioni sulle caratteristiche del bene e sui proprietari ed erano riportate secondo l’ordine progressivo delle particelle. Gli stessi dati, organizzati però secondo l’ordine alfabetico dei proprietari, erano riportati nelle matrici . I libri figurati contenevano invece la restituzione delle operazioni di rilevamento effettuate sul campo, mentre i libri di campagna erano quaderni relativi ad annotazioni e quote utili per le operazioni di misurazione 71 . Le operazioni catastali, anch’esse codificate, comprendevano l’accertamento dei beni fondiari attraverso il rilievo topografico delle particelle, la determinazione della rendita netta, l’osservazione dei reclami degli interessati, le esazioni dell’imposta e, infine, la conservazione con le annotazioni relative alle variazioni di possesso. Queste operazioni furono interrotte nel 1870 in seguito all’unificazione italiana e furono portate a termine solo nelle zone di Pinerolo, Torino, Susa, Novara, Ossola e Pallanza 72 . Nonostante la sua realizzazione parziale, il Catasto Rabbini rappresentò una solida base di partenza per la costituzione del Catasto Unico Italiano che ne riprese i principi e i metodi realizzativi. 67 P oletto S., 2008, p. 177 68 B oido C., 2010 . p. 67 69 P oletto S., 2008, p. 179 70 P oletto S., 2008, p. 179 71 B oido C., 2010. p. 67 72 B riante P., 2008, p. 85
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