VOL1_Tesi_con copertina

70 2. Analisi storica dei catasti mentre il catasto mantovano era utilizzato nei territori dell’Ex-Ducato di Mantova. Si trattava di tre catasti abbastanza omogenei e redatti secondo gli stessi princìpi e secondo le stesse metodologie di rilievo. Differivano in origine per l’applicazione delle tariffe d’estimo, ma nel 1854 gli estimi di vecchio e di nuovo censo furono perequati ed è quindi possibile affermare che tali catasti fossero espressione di un’unica volontà politica generale. 3. Il Compartimento Parmense, comprendente le province di Parma, Piacenza, e il territorio di Pontremoli. Era qui in vigore un unico catasto geometrico redatto secondo le norme francesi e attivato nel 1830. Le mappe erano basate su una rete trigonometrica e riportavano il territorio comunale diviso in sezioni. Le tariffe d’estimo erano basate sulla rendita dei beni censiti e, data l’uniformità all’interno del dipartimento, consentivano una buona ripartizione del carico fiscale. 4. Il Compartimento Modenese, comprendente le province di Massa Carrara, Modena, Reggio Emilia, Lucca e la Lunigiana. Questo era il compartimento in cui vigeva il maggior numero di catasti. Erano infatti in uso dieci varianti differenti, tra le quali il catasto estense di pianura e di montagna redatto tra fine Settecento e inizio Ottocento, il catasto della Garfagnana, il lucchese antico, il lucchese recente, il parmense, il mantovano, il toscano, il massese e il lunigianese. Si trattava di catasti in gran parte descrittivi e basati sulle denunce effettuate dai possessori, ad eccezione del comune di Massa, che era dotato di un catasto geometrico basato su stime peritali, e del catasto lucchese recente. L’eterogeneità dell’impostazione catastale, dei metodi di rilievo e dell’applicazione delle tariffe d’estimo, resero tale compartimento il più problematico dal punto di vista di una corretta perequazione tributaria, tanto che nel 1880 fu decretata la formazione di un nuovo catasto geometrico-particellare, fondato sulla misura e sulla stima per tutto il territorio del compartimento. 5. Il Compartimento Toscano, comprendente tutte le province toscane escluse Lucca e Massa Carrara. In questo compartimento erano in vigore quattro catasti geometrici: il catasto di Terraferma, il catasto delle isole d’Elba e di Pianosa, quello dell’isola del Giglio e il lucchese recente. Il catasto di Terraferma era stato iniziato nel 1808 sotto la dominazione francese; le mappe erano geometrico-particellari e inserite nella triangolazione compiuta da padre Giovanni Inghirami nel 1817; la stima non era basata su classi e qualità di coltura, ma era eseguita singolarmente per ogni appezzamento. Geometrici-particellari erano anche i catasti dell’isola d’Elba (ordinato nel 1840), dell’Isola di Pianosa (ordinato nel 1842), e dell’Isola del Giglio (attivato nel 1875), ma questi differivano dal catasto di Terraferma per l’estimo basato su classi e tariffe. Sulla stessa impostazione era organizzato il catasto lucchese recente, iniziato nel 1829, in sostituzione del più vecchio risalente al 1803, e terminato nel 1869. 6. Il Compartimento Ex-pontificio o romano, comprendente Roma e il Lazio (dal 1871), l’Umbria, le Marche e la Romagna (attuali province di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini). Il catasto in uso era quello Pio- Gregoriano (1816-1835) che si componeva di due catasti, uno rustico e uno urbano ed era geometrico particellare. 7. Il Compartimento Napoletano, comprendente Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Basilicata. I catasti in vigore in questo compartimento erano due: il catasto napoletano, nella gran parte del territorio, e il catasto Pio-Gregoriano, limitatamente ai territori di Benevento e Pontecorvo prima annessi allo Stato della Chiesa. Il catasto napoletano, ordinato nel 1806 sotto la dominazione francese in sostituzione del precedente

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