Burgio_Il monastero di S. Ulderico
nicano di Santa Caterina da Siena, cui apparteneva, ancor di più dopo il 1566 quando, a seguito dei decreti tridentini, le monache vengono chiuse in clausura nel tentativo di non farle più uscire alla ricerca di elemosine e beneficenze, quindi unica fonte di sostentamento erano per loro i proventi di questa produzione artistica. Da notare che per le donne era vietato frequentare una bottega artistica, tanto più se suore, a meno che non appartenessero a famiglie di artisti (come l’orsolina romana-mantovana Lucrina Fetti, 1600- 1651, o l’orsolina suor Orsola Maddalena Caccia 1596 -1676, o la francescana veneziana suor Isabella Piccini 1644-1670), e non potendo avere un’educazione artistica tradizionale nelle botteghe come tutti i garzoni, che poi man mano cre- scevano e si emancipavano dai maestri, erano di fatto delle autodidatte. Inoltre l’arte femminile conventuale, essendo totalmente rivolta a raffor- zare la devozione, concepita cioè per essere contemplata come stimolo alla preghiera, è molto più attenta a mantenere la continuità visiva della tradizione, piuttosto che a recepire i fermenti artistici in corso. E ha come fonti principali stampe, disegni che potevano circolare entro le comunità religiose (cfr. D. Mesce, Conventi femminili: fucina dell’arte , Bollettino Te- lematico dell’Arte, 10 Maggio 2016, n.808). Auspichiamo che anche a Parma si approfondisca questo filone della pro- duzione artistica al femminile, che potrà arricchire il panorama culturale locale. 38
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