Burgio_Il monastero di S. Ulderico
Grazie all’importante lavoro di restauro e allo studio di antiche fonti manoscritte e a stampa (un raro volume della fine del Seicento), uni- to all’analisi stilistica, è possibile oggi presen- tare, da un lato, l’unica testimonianza firmata superstite di artisti d’e- poca farnesiana pres- soché sconosciuti, e dall’altro, opere di cui si era persa notizia, circo- stanziandone con pre- cisione l’ambito crono- logico, e quindi meglio definire il panorama della pittura parmense del Cinquecento e del Seicento, nel suo rapporto con le comunità mo- nastiche cittadine “ fra le quali emergeva - per dirla con M. Cristina Chiusa - quanto a prestigio e per il ruolo di preminente circolo culturale, quella benedettina, che annoverava cinque monasteri urbani e due nel contado, i quali, data la loro ricchezza in senso lato, erano divenuti nel tempo veri e propri feudi delle famiglie nobili titolari: San Quintino era il regno dei Sanvitale, Sant’Uldarico dei Carissimi, mentre a San Paolo dominavano i Bergonzi ”. Tanto che gli studiosi sono giunti a definire le fondazioni monastiche fem- minili come “ patrimonio di famiglia ” (Letizia Arcangeli), con un intreccio di potere tra le famiglie del ceto dominante e, va sottolineato, con importanti interessi economici in gioco col Monastero di San Paolo, che per questo di Sant’Uldarico avranno ripercussioni, come si dirà più avanti, anche in ambito culturale. Sono emersi, inoltre, a seguito del restauro, lacerti della decorazione set- tecentesca del chiostro, legata alle diverse fasi costruttive del complesso monastico. Fig. 2 Chiesa, sagrestia. San Giovanni Battista 6
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