COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910

DELLE ZUPPE E MINESTRE clie una gran parte delle vivande moscovite, cominciando dalle minestre, dagli antipasti o mlcuski, Per venire alle insalate, ai dolci, e persino ai liquori, comparissero sulle mense parigine insieme alle mappe e mantili ricamati alla russa, ed all’argenteria niellata alla caucasici o lavorata a sbalzo, filla bizantina, come la famosa tiara di Tisaferne, di mistificante memoria. Questi bei tratti d’internazionalismo gastronomico avvalorano sempre più l’opinione degli antichi greci i quali consideravano la tavola quale « ministra » d ’amicizia e d ’alleanze. Del resto i cuochi hanno l’animo gentile e non conservano l’astio per molto tempo; prova ne sia che Carême aveva allestito il banchetto così detto della « Santa Alleanza » , nel maggio 1814 ; e Very, l ’anno succes­ sivo, apprestava quello degli alleati, ch’ebbe luogo nelle pianure di Vertus. Lo stesso Carême, che per vari anni diresse — come cuoco di Talleyrand — i pranzi che ve­ nivano dati alle Tailleries ed a Saint-Cloud, e descrisse, particolarmente quelli datisi in occasione della cerimonia del sacro dell’imperatore Napoleone, del suo matrimonio con Maria Luisa, e del battesimo del re di Roma, ecc., nel suo libro: L ’art de la cuisine française au X IX siècle (Paris, 1833-1835), fu al servizio dello tzar Alessandro di Russia, del principe di Wurtemberg e del prin­ cipe Giorgio d’Inghilterra ; e se lasciò il servizio di quel principe di Galles, si fu perchè, avendo ammannita una « lingua di vitello in sorpresa » al futuro re d Inghilterra, costui come confessa stesso Carême _ non la seppe comprendere. Lo stesso fece — per una di queste punture di amor proprio professionale — il cuoco di Wellington, il principale artefice della sconfitta di Napo­ leone a Waterloo. liiquette — altro cuoco di Talleyrand — introdusse la cucina francese in Russia, come Urbano Dubois ed Emilio Bernard — autori della Cuisine Classique — furono capi di cucina della Casa Keale di Prussia. Del resto, Méot, Robert, Roze, Very, Legacque e tanti altri menzionati da Grimod de la Reynière nel suo Almanach Gastronomique del 1804, e nel suo Intineraire d'un gourmand, divennero milionari, c°ll’ammannire le loro più deliziose vivande destinate alle gole di coloro che più contribuirono a di­ struggere la potenza ed il prestigio di Napoleone ed a mandarlo prigioniero a Sant’Elena. Anche nella Médit. XXVIII della Physiologie du Goût, Brillât Savarin, parlando di Beauvilliers (allievo, come Carême, del famoso Laquipière, già capo cuoco di Napoleone I), che aveva aperto un sontuoso ristorante, verso il 1782, a Parigi, ci fornisce questi particolari : « Durante le due occupazioni successive di Parigi nel 1814 e 1815, dagli alleati, si vedeva costantemente, davanti allo stabilimento di Beauvilliers, dei veicoli di tutte le nazioni ; egli co­ nosceva tu tti i capi dei corpi stranieri, ed aveva finito di parlare tutte le lingue, per quanto era necessario al suo commercio ». Ciò valga a provare come la Francia, e particolarmente Parigi, pel suo eccezionale cosmopo­ litismo, abbia potuto accentrare e direi quasi monopolizzare, per tanti anni, l’arte del cucinare, imponendo, colle conquiste napoleoniche, le sue vivande ed i suoi vini sopratutto alle altre nazioni. Fu questo fattore di prosperità economica — come osservava già Brillât Savarin, fin dai suoi tempi che fece rientrare in Francia i miliardi spesi nelle guerre e, sopratutto, per pagare le taglie o lançons di guerra che le avevano imposto, come indennità, le nazioni alleate. La vittoria più bella della Francia fu conquistata nel campo economico, particolarmente nelle grandi cucine dei ricchi stabilimenti succitati ; il vino di Champagne conquistò il rimanente, am i contribuì ad arricchire la Francia. Non faccio considerazioni per quanto riguarda la nostra cucina italiana la grande maestia di tutte le cucine, cominciando dalla francese. Quella si limitò ad aggiogarsi al carro dei Carême e dei Dubois, dimenticò persino la sua terminologia, la sua nomenclatura, le sue liste cibarie ; adottò semplicemente quelle francesi, abdicò alla propria cucina nazionale, e, mentre: russi, inglesi e per­ sino giapponesi riuscivano affare adottare le loro vivande in Francia, essa perdeva anche il pre­

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