COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910

13C CAPO II. stigio dei maccheroni che si fabbricano a Clermont Ferrand, e vengono importati perfino a Massaua. Ora, fidando in quello spirito di rinascenza che alitando dalla Reggia va penetrando nelle case aristocratiche e finirà di diffondersi anche negli stabilimenti pubblici — affermando, per tal modo, la riconquistata proprietà della lingua nazionale e dell’egemonia di questa nella terminologia e nella nomenclatura degli attrezzi cucinari e delle vivande — sarà più probabile che la nostra arte possa assurgere per riprendere, se non l’antico splendore, almeno attingere quel rango di nobiltà che il genio fecondamente inventivo ed eminentemente artistico della nostra razza — sempre procera e primigenia in latinità —- le danno il diritto di competenza, anzi di spettanza, più che ad altre nazioni uscite appena dagli incunabuli della scienza del Dio Como. Egli è con questo raggio di speranza nel cuore, con questa visione di un prossimo futuro trionfo per l’arte cuciniera italiana che procediamo sereni e fiduciosi nel nostro compito patriottico. Inghilterra. Le zuppe e le minestre, folkloristicamente parlando, sono presso i vari popoli ima vivanda accessibile alla borsa dei più poveri — salvo nella Cina la m inestra di nidi di salangane, ed in Russia quella con lo sterleto — ; in Ingh ilterra, invece, la m inestra, sedicente nazionale (1), la Turile-Soup, cioè la zuppa di tartaru g a, costituisce una vivanda costosissima che soltanto i ricchi possono perm ettersi, poiché il costo di ogni cucchiaiata di quel prezioso potaggio basterebbe per far bollire la pentola d ’un proletario, tanto sono cari gli ingredienti che necessitano per aromatizzare e guarnire una. zuppa, la cui base alimentare, la ta r­ taruga di mare, è abbastanza cara per se stessa, provenendo viva dalle Indie, dall’Africa, dall'Australia, dall’America del Sud. Egli è perciò che, nelle taverne di Londra ed anche nelle famiglie borghesi poco agiate, non potendo avere la vera zuppa di tartaru g a, s’accontentano della falsa, fa tta con testina di vitello. Premettiamo pochi cenni istru ttiv i sulla maniera di uccidere la tartaru g a ed ammannire i pezzi necessari alla confezione della detta zuppa, quantunque a Londra esistano varie case che fabbricano questo potaggio, che poi spediscono ai quattro canti del mondo, dove viene confezionato a ll’istante unendolo ai fondi carichi di pezzi nutri­ tizia Alcuni grandi alberghi e risto ran ti d ’Italia ricevono dalle coste della Grecia, di Sicilia e di Sardegna delle piccole e medie tartarughe di mare vive (sfargo-coriaeea, e quella a forma di liuto, e la talasso-chelis carretta) che servono a fare zuppe fresche ; ma, in generale, si servono delle zuppe preparate, oppure della carne di tartaru g a disseccata. La tartaru g a del peso medio, poniamo di 20 chili, viene uccisa 24 ore prima d ’essere impiegata. Questo lasso di tempo è necessario onde perm ettere al sangue di sgorgare completamente. L ’animale dopo essere stato appeso col capo a ll’iugiìx e con un peso uncinato alla mascella inferiore affinchè tenga disteso il collo, viene decollato. Quindi si procede alla delicata operazione del distacco della piastra o corazza ventrale dalla carapaccia o conca dorsale ; il che s’ottiene incidendo con un buon coltello le p arti molli che tengono aderenti questi due involucri squamosi. Si lasciano aderenti le natatoie alla carapaccia superiore, quindi si procede con cura allo sventramento del chelouide ed al ritiro delle intestina. Le carni rosse interiori, benché poco sa­ (1) Veramente VInghilterra non ha minestre popolari, salvo quella d’avena o porridge che è la polenta degli inglesi, e qualcheduna di pesce, uso w aterzoi di origine nordica e adattata all’ambiente marittimo di alcune re­ gioni littoranee, come pure alcune di selvaggina, particolarmente nella Scozia, quelle di grouae ( specie di lagopede) e di altra selvaggina, data la sua fauna ricca che leggi terribili di jus venandi feudali conservarono.

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