COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910

DELLE ZUPPE E MINESTRE 177 POLTIGLIE, F9RIN9GGI E PASTE ASCIUTTE Consultando le antiche metodologie alimentari non solo, ma anche i trattati moderni che si r i­ feriscono alla parte antropologica concernente le « cucine etniche », noi troviamo che i popoli primi- sia arcaici come: gli egizi, gl’indiani, gli assiri, i caldei, i greci, i latini, i galli, i celtiberi, i *= si ninni e via dicendo, come pure quelli africani dei nostri giorni, specialmente nomadi, quali : i l i b e r i o beduini, ed anche i mauri, gli abissini, al pari di tutte le popolazioni che vivono in uno st.it ° di semicivilizzazione, come i Gallas, i Somali, ecc., fanno consistere il loro principale nutri­ mento : in poltiglie, polentine o migliacci, costituite da cereali pesti o macinati ; oppure da legumi deschi che vengono cotti, quindi passati per rozzi setacci, onde eliminarne le buccie fibrose, che la etnpirica loro esperienza gli aveva già ammaestrati essere indigeste e flatulenziali ; come pure d ’iu- rangere, macinare quelli secchi, per cuocerli più rapidamente e farne farinate, polentine, paniccie, Parielle, pattone, necci, ecc., oppure, anche, come per i legumi freschi, dei lattati o passati ( purée), <loPo averli fatti bollire e passati pel traliccio di alcuni tessuti. Così troviamo, tra le poltiglie e po- lentine le più usitate da quei popoli asiatici ed africani, la basina (o polentina di farina d ’orzo, °ppure di sesamo, ed anche di miglio, degli arabi, dei berberi, dei marocchini, ecc.), ed altre pol- ’glie o paniccie con farine di civaie o cereali, come il sorgo, il maiz, la dura, il teff, l’orzo, l’olco, frumento, il farro, e quello detto grano saraceno, saggina o fraina, l’orzo, la segala, il riso, l’eleusina aoailaj e via dicendo ; oppure con farine o frantumi di legumi, quali la lente (1) (che fornì ai atini la poltiglia ( pu ltis ) per eccellenza p u h lentis — d ’onde, per contrazione consecutiva italianiz- 2ata, ne derivò la parola polenta che, per antonomasia, significa quella fatta con farina di frumen- toiXft *1 ; u cece (colla farina del quale i liguri fanno, tu tt’ora, l ’antica scribilitia o « farinata » e le Paniccie, ed in Sicilia le panelle) ; la fava, il pisello, i fagiuoli, la cicerchia, il lupino, il sorgo nip- l°nico, il voanzù (cece o fava del Mandiuba), e simili; oppure le farine granulate, estratte da fidici feculacee o amidacee, quali : il manioca o tapioca, il sagù, la cassava, la penicillaria, ecc., d (*a frutti come la ghianda dolce e la castagna, che si presta — specialmente secca e ri- a ru farina — per confezionare poltiglie o polentine, bollite coll’acqua o meglio col latte, op- Per far necci, pattone ed altri migliacci. ^ Che queste poltiglie e passati — che i greci chiamavano erygmos e che Celio Apicio, sotto il 0 0sp rìo s (2), designa tutte le polente e flani, sotto la specifica di: p a tin a e versatila (cioè da ‘isare sul tavolo), nel IV e V libro del suo trattato De R e Culinaria — fossero molto diffuse negli gioì■ • ^ J®rva lens fornì anche al famoso Dn Barry — che per più di vent’anni riempì le ultime pagine dei 1 ('°^a l'éclame per la sua Revalenta arabica, quarente orini male — una farina di lenticchie o di sorgo elei r ' deboi ulaPPone mista a polvere di cacao, colla quale si facevano poltiglie di salute per gl’inferm i di stomaco ossi 6' ^a Par°la R evalenta non sarebbe, per avventura, che una anagrammazione italiana di iE rva lente <( lente di campo », come, nel dialetto emiliano, gli arviott sono i piselli, ecc. (2) Tratta anche nel libro I V , detto Pandecter, dei flani, o p atin a di passato di erbaggi e legumi cotti a anomalia nel salacacabium o stampo. L ’Arte Cucinaria in Italia. — 23.

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