COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910
IL BRODO più ricche ili tessu to spugnoso e di sali calcari, cioè di fosfati di calce. M entre quelle lungh e, come il fem ore ed il tib ia, sono d u re come u n m arm o im perfetto, e qu ind i segate nella loro dialisi (parte centrale) non danno che qualche goccia oleosa c o n ten u ta nel m idollo. È da a v v e rtire però che l ’abbondanza di g elatin a — come quella che è insipida e poco alibile — non contribuisce ad accrescere la ricchezza n u tritiz ia del brodo, m a p iu tto sto a d im inuire un a sua principale q u alità : la purezza. A rrogi, anche, che se il brodo fosse d estin ato a serv ire p er salse o consum ati, le ossa dov ranno essere m esse da p a rte p er essere co tte se p aratam en te ed im piegate nelle cozioni secondarie, che tu tta v ia non h anno n u lla di comune coi così d e tti « fondi » di cucina. Affinchè il brodo conservi le sue q u alità arom atiche (conferitole p a rtic o la rm e n te d a ll’osmazoma) e di freschezza, non d o v rà bollire che il tem po necessario alla com pleta c o ttu ra della carn e, concios- siachè, qualora venisse lasciato u n tem po m aggiore sul fuoco, v errebbe m enom ato nelle sue qu alità sapide ed alibili acquisite. A ppena il gorgoglìo dell’incipiente ebollizione si ren d e rà in ten so , sarà conveniente aggiungere u n a m esto lata d ’acqua fred d a, onde p rom uovere le ultim e form azioni della schium a che v e rrà accu ratam en te to lta onde non in to rb id isca il brodo (1). Quando qu esto sarà con ven ien tem en te schium ato, v i si g e tte rà l ’ad eg u ata q u a n tità di sale, regolandolo convenientem ente coll’assaggio (tenendolo scarso p rim a, quindi aggiungendone a ltro poco, se lo richiede), m a non p rim a, poiché il sale im poverisce la carne, togliendole p a rte delle sostanze p iù preziose alla n u trizio n e, ino ltre fa restrin g ere le fibre della carn e, rendendola poca p erv ia al liquido di cozione, che deve p en etrare il più profondam ente possibile onde im p reg n arsi d ’u n a m aggiore q u a n tità di principi alibili e sapidi con tenu ti nella m assa fibrosa m uscolare. Così p u re v e rra n n o ag g iu n te le erbuccie : cerfoglio, prezzemolo, ecc. con gli erbaggi da m arm itta : sedano, c a ro ta, po rro e sim ili, che soglionsi m ettere nei brodi, costituendo, con qualche ra ra droga ; chiodo di g aro fan o , odore di noce mo scata (parcam ente u sata (2), e nel caso so ltan to che possa to rn a re g ra d ita al p alato dei comm ensali) l ’elem ento arom atico che, coll’osm azoma, com p leta la frag ran za d ’u n ottim o brodo. (1) Per quanto concerne la schiuma, alcuni pratici la considerano come un elemento chiarificante — a causa dell’albumina che contiene — e non come fattore d’intorbidamento', perciò consigliano di non toglierla. Solamente avvertono che la pentola dev’essere posta, non in pieno fuoco, ma piuttosto sull’ angolo del fornello, affinchè Valbumina della schiuma si stacchi gradatamente e rimonti alla superficie formando una mappa bianca, inoltre, allorché Vebollizione è pronunziata conviene ritirare la marmitta ancor più verso l’angolo del fornello, oppure diminuire la fiamma, se si opera su d’un fornello a gas, affinchè si crogiuoli il brodo, col suo contenuto, molto adagio. Poco a poco la schiuma si dividerà in piccoli grumi che andranno verso l’orlo e finiranno di attraversare il liquido per saldarsi definitivamente al fondo della marmitta. In quanto a quell’ anello nericcio che rimane contro le pareti della pentola, alla superficie periferica del brodo, composto di materie di rifiuto, prive di qualsiasi particella d’albumina, converrà toglierlo accuratamente, mediante una cocca di salvietta bagnata avvolta intorno al dito. Questo procedimento dà un buon brodo chiaro. (2) La moda, anche nella cucinaria, ha delle strane eccezioni ed anche delle antitesi. Mentre il palato dei commensali mal s’adatta alle minestre aromatizzate dagli agliacei e drogate dalle spezierie, in altre vivande, poi, mette del pepe, anche di Cajenna, a macca, del paprica, del curry, della noce moscata e simili. Ora, io non discuto il gusto, intermittente e balzano, dei commensali e specialmente dell’anfitrione che convita e paga i suoi cuochi ed altri ufficiali di bocca, e pretende — come di giusto — che operino secondo il suo gusto; ma desidero scagionare gli aromi e le droghe, qualora vengano sparse moderatamente nelle zuppe e minestre, dalla taccia di essere antigieniche, tanto più che vi sarebbe u n ’antitesi paradossale tra, verbigrazia, i savorys, tutti cajennati a josa, ed altre vivande fortemente aromatizzate col paprica e col curry; conciossiacliè i medesimi ingredienti che sarebbero antigienici in una serie di vivande , non possono non esserlo in altre (poiché in arte cucinaria non è come nella chimica, dove lo spostamento di qualche elettrono può variare l’effetto benefico in tossico, o viceversa , dei corpi semplici nelle loro combinazioni, anche biochimiche), perciò io affermo che, al contrario, gli aromi e le droghe, convenientemente adoperate, sono molto igieniche. Basterebbe citare soltanto il prof. Paolo Mantegazza, in tutta la sua Igiene Popolare e particolarmente in quella intitolata Igiene d ’Epicuro, per convincersi come : « la cucina
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