COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910
242 CAPO III. Dei Fuori d ’Opera caldi Abbiamo già ampiamente dimostrato, nella prefazioneella che apre la serie degli Antipasti o Principi e quella dei Fuori d ’opera freddi, quanto concerne il servizio di questa importantissima parte d ’un pranzo o d ’una cena d ’apparato, e accennato alla moderna riforma di comprendere, nei fuori d ’opera caldi, una svariata quantità di camangiari appartenenti alla pasticceria di credenza — salvo che viene soppresso lo zucchero od il miele, e che le marmellate, le creme pasticciere e simili vengono sostituite da dalolate o « salpiconi », da passati diversi, e da varie farcie, rese più o meno fluide mediante l’addizione di alcune salse, come: besciamelle, majonnesa esim ili — ma, particolar mente, tutte quelle vivande che, sotto il nomo di F ritti o di F ritture , una volta costituivano gran parte delle « Piccole Entrate ». Tanto le prime che le seconde sono costituite da vivande che vanno generalmente cotte nel forno oppure nella padella, salvo poche eccezioni. Per quanto concerne la teoria della cottura nel forno e dei diversi tipi e sistemi di questi utilissimi macchinarii della cucina moderna, rimandiamo il lettore al capitolo speciale che tra tta della Pastellaria e dell’Offellaria, dove troverà tutte quelle istruzioni e nozioni necessarie per quanto concerne la teoria ed il governo dei forni e dei caman giari che in essi vengono cotti, oppure finiti di cuocere. Pel momento, noi dobbiamo soltanto tra t tare tutto ciò che concerne i F ritti particolarmente la teoria della frittura, che desumeremo dalla Fisiologia del gusto del principe della scienza gastronomica, Brillat-Savarin. Ma, prima di passare alla dotta disquisizione sulla frittura del gastronomo togato di porpora e di ermellino della Corte di Cassazione di Parigi, sentiamo cosa dice ai fisiologi l’arguto e fine argomentatore, qual sempre si dimostra, il già citato sig. A. Pettini, a proposito del fritto. « Ho scritto che l’antipasto vien presentato molte volte sotto forma di un fritto. I miei col legio conoscono a menadito l’arte del friggere, non è a loro quindi che io mi rivolgo ; ma ai signori fisiologi, che quest’arte non appresero. Essi affermano che nulla passa in importanza —- nella Cu cina — i procedimenti per fare un arrosto. Rimettendomi ad un ampio svolgimento sull’arrosto,, quando a sua volta sarà citato a comparire, io dirò soltanto che, tanto il Savarin, quanto il Man- tegazza, dovevano sapere che il fritto non è che.... un arrosto larvato (1), come l’arrosto non è che una larvata frittura. « Se noi prendiamo, putacaso, un pollo pronto per cuocere, lo infariniamo leggermente, come si fa per ogni fritto, acciocché le materie organiche solubili siano trattenute nel corpo da friggere, lo immergiamo cioè lo friggiamo nell’olio caldissimo, noi abbiamo.... il pollo arrostito. « Se la difficoltà di un buon arrosto sta nella sua precisa cottura, appunto perchè prolungan dola oltre il necessario, i principii nutritivi subiscono necessariamente un ’alterazione ( M a n t e g a z z a , ( 1 ) In fa tti mi permetto di fa r rimarcare, in appoggio di questa tesi, che gl’inglesi —- gran rosticcieri ol cospetto del Dio Como — imballano, in un intriso di farina, il loro baron o sirloin di bue, prima di metterlo allo spiedo. (Nota del Dr. A. Congnet).
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