COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910
316 CAPO III. su lla b rag ia, si pelano, si privano delle semenze e qu in d i si n e ttan o bene con la lama di un coltello. Ciò fa tto , si tag liano in listarelle la rg h e un cen tim etro e si condiscono con olio, sale e pepe. Qualche m inuto prim a di m ang iare, si in fa rin ano bene, si passano n ell’uovo sb a ttu to e si friggono pochi p er vo lta n e ll’olio bo llen te . Si agg iu stan o su un p ia tto con s a lv ie tta e si circondano di prezzemolo fritto . mazagftam (1) minuscoli. Sotto questa denominazione si comprende — genericamente parlando — qualsiasi preparato compor tante una guarnitura rinchiusa tra due fogli di quell’apparecchio di passato di patate, detto pontine duchesse dai metodologisti francesi. Così abbiamo il classico Mazagran (grande) di stufato di montone con contorno, di passato latteggiato di patate, uova, odore di noce moscata che va poi crostellato al forno ; come pure abbiamo i mazagrans di pollo, di gamberi, ecc. Però, i piccoli mazagrans, per « fuori d ’opera » caldi, s’ottengono foderando, con il suddetto apparecchio di patate alla duchessa, degli stampini da tortelette, b u rrati, per essere riempiti colle dadolate o « salpiconi », sim ili a quelli usitati per i bocconcini, le croc chette, le rizzole, traendo il loro nome dall’elemento principale delle guarniture. Vengono, in seguito, ricoperti con un coperchio, ricavato coll’asporta pezzo dallo stesso foglio dell’apparecchio duchessa, sal dando una piccola rotella scannellata nel mezzo ; si fanno, infine, dorare e colorare al forno. Ostriche ed altm Conehiglifem. Gli arcaici erano ghiotti di tu tti i così detti « fru tti di mare », specialmente dello spondilo, del mu rice, dei pettini (Vedi Conchiglie di S. Giacomo), dei mitili o d atteri di mare, delle patelle, dei nicchi, degli elici, delle chiocciole e dei così d etti — dialettalm ente — « poveracci » e « cozze » ed altre simili conchiglie, ma specialmente facevano pazzie per le ostriche e per gli echini (ricci di mare), dei quali m an giavano il così detto corallo, con salse adatte. Per le prime avevano creato vivai dispendiosi, dove col tivavano artificialmente le ostriche di qualità più delicatamente saporite, che facevano venire, con grandi precauzioni, da Abido, dalla B rettagna, dalla Zelanda, da Bordeaux e da altri paesi esotici, oltreché da T aranto, da B rindisi e dalla Corsica. G. Sergio O rata fu, per avventura, il primo a dedicarsi all’ostreicol tura, costruendo nel lago Lucrino un magnifico v ivaio; esempio seguito da altri, sia nel lago d ’Averno, a Minturno ed in quel mar morto tra Baja e Pozzuoli, come si legge iu Plinio, in Luciano — che dà l'e lenco di tu tte le v arietà d ’ostriche coltivate in Italia —, in Oribasio e persino nel Carmen de ostrcis (Carme delle ostriche), che trovò un poeta in Ausonio. Giovenale, in una sua satira (IV, vv. dal 138 al 143), ac cenna ad un famoso gastronomo de’ suoi tempi, al Montano, che — egli asserisce — « al primo colpo di dente vi distingue se un’ostrica è stata allevata a Circeo o tra gli scogli di Lucrino, oppure provenga dal golfo Kutupino ; così, pure, al primo colpo d ’occhio, ti sa dire in qual lido sia stato pescato un echino ». Un fratello di Celio Apicio sembra sia stato — secondo Ateneo — l’inventore dell’arte di marinare le (1) Mazagran , villaggio d ’Algeria , presso Orano, rimasto celebre per l’assedio che vi sostennero 123 soldati francesi comandati dal capitano Lelievre, nel 1840 , contro 12,000 arabi.
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