COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910

356 CAPO IV. d ’uova sode trito, con sapori eil aromi. Il « pollo Frontoniano » — dedicato a Frontone, mi ghiot­ tone di quei tempi — veniva servito accompagnato da salsa verde, composta d’aneto, porri, pove­ rella e coriandro verde. Il porco ed il cinghiale avevano pure salse speciali, specialmente con bacche di lauro peste, come nel così detto « porco laureato »; e quella all’enogaro, con vino e garo; e quella detta « dolce », con miele ed amido. Il porcellino veniva servito accompagnato da salsa apiciana fredda, costituita da pepe ligustico, semi di coriandro, menta, ruta, savore, miele e vino, preludiando alla salsa peperata ( p o ivra d e ) del medio evo. Ingomma tante erano e così svariate le salse della cucina romana o apiciana, che Seneca si lagna assai delle infermità cagionate dalla grande varietà di quelle e degli intingoli: « ritro v ati piuttosto per irrita re che per soddisfare la fame ». Eliogabalo, per ampliare l ’arte del buon mangiare e dilatare il vasto imperio della gola, pro­ pose grandi premi a chiunque avesse trovato una qualche buona salsa o saporito intingolo; ma, se, per avventura, la salsa non fosse piaciuta, condannava il malaccorto a mangiare incessantemente il suo ritrovato fino a die non l ’avesse sostituito con un altro più piacente e gustoso. Spartiano narra come Eliogabalo stesso avesse inventata una salsa gialletta, detta fin e s tr a ta , che troviamo — se non di fatto, almeno di nome — negli Epulani italiani del XIV e XV secolo. Veniamo al medio evo. Per quanto alcune droghe ed aromi fossero già noti ai Romani, il gusto per le spezierie si diffuse in Europa, in seguito alle Crociate, al punto che giunse, in breve tempo, a generalizzarsi, per opera particolarmente dei negozianti veneti (1) e pisani, tra i quali attinsero ricchezze formidabili il veneto « Mocenigo del pevare », ed i Medici ed i Salutati di Firenze, specialmente in seguito ai viaggi di Marco Polo nell’Asia Centrale. Infatti: le salse di quell’epoca, salvo la fetente « agliata », d'importazione per avventura inaura o spagnuola, erano tutte a base di spezie, come la « peperata », la « cominata », la « garofolata » e particolarmente quella famosa salsa che tu tti gli autori -—• sia italiani che francesi — hanno citato, intendo parlare della salsa cam elina (corruzione grafica di ca n n elin a ) che, secondo il Du Cange, nel suo Dizionario, dice essere composta di : donne cannelle, de bon gingem bre, eie bons clous de girofle, ecc.; cioè, come dicevano i trattatisti italiani : di buona cannella, di buon gengevaro (zenzero), di buoni chiodi garofani, ed nva passa, come dirò in appresso. Ora sembrerebbe che l’uso dei chiodi dei ga­ rofani fosse dovuto al viaggiatore senese, Nicolò de’ Salimbene — stando a quanto alludono questi versi danteschi : « ............................ che la costum a ricca « D e l g a ro fa n o p r im a discoperse « N e lV o rto dove ta l seme s'a p p ic ca ». (Inf. C. XXIX, v. 127-129). In Francia, le salse più comuni venivano confezionate dai così detti salsieri (san lciers) , die poi si suddivisero in v in eg riers-m o n sta rd iers, cioè in mostardieri all’aceto. Durante il regno di Luigi XII, si riunirono in corporazione di mestiere, e siccome le loro attribuzioni si erano molto ampliate, così si suddivisero anche in « distillatori di acquavite o di spirito di vino » ed in « credenzieri »• Alcune salse, come le mostarde, venivano gridate e vendute per le strade. Però spetta agli antichi (1) Come dice Merlin C'ocaio nella sua prima Maccaionea: « Qué pevero spargit Veneti! stricaclo sacchetti! » ; perchè il pepe veniva mantenuto serrato in borsette di cuoio.

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