COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910
SALSE E GUARNITURE 357 domani, quindi agli Italiani medioevali, la fabbricazione delle mostarde, particolarmente con mosto e frutta, come si rileva da un passo di Boerbave, medico illustre, il quale afferma — parlando ella senapa — che: « in Ita lia cum musto conterebatur, unde dixerunt : mustum ardens, bine mu- **<*»'< 2 ( 17)1 » . Nelle vicinanze di Dijon e di Angers vennero fabbricate le prime mostarde francesi. Anzi si ®aira gjjg j-([ jj papa fljgionese Clemente VII a creare la carica di < mostardiere del papa », per '''o lire due suoi nipoti, poiché egli era ghiotto di questa salsa eccitante. Un adagio popolare dice che l’aglio è la teriaca dei contadini ; ed infatti, per vario tempo, ay°ìì o agliata, si vendeva, già bella preparata, nelle vie di Parigi, ad uso del popolino. In Italia eian° molto in uso le « acciugate » e le « bottarigate » sciolte nell’olio, come pure fregole ed uova di Pesce marinate, specialmente di muggini e di storioni ; di tonnine ed altre salse stuzzicanti, come bielle di olive, sia verdi che nere conservate nella salamoia. Il tartufo, già celebrato dagli lI|ticl>i, cadde sotto l’invasione dei barbari in disuso, come pure nella cucina medioevale, e non fu Della Einascenza italiana che tornò in onore. Ma per venire alle salse propriamente dette, dall’epoca del Rinascimento italiano in poi, ster g a t o era il numero di queste, nonché dei così detti « sapori » che prendevano diversi nomi, a ec°nda del principale ingrediente che conferiva loro l ’aroma, oppure dal colore assunto dalla salsa. ^ os^> tra i sapori, abbiamo : la limonia dal limone; la limia o lumia dall’arancio agro o dalla me- 1 ngola ; il cisame era una salsa agrodolce; la rucata una salsa dal sapore datole dall’erba ril e t t a ; il mirrausto era un sapore per l’arrosto ; il sartramone era una salsa al sapore d ’ogni sorta carne ; la scleda era una specie di peverata al peperone rosso ; la nocellata al sapore di nocella; saracinesca, una salsa ai vari sapori di erbe aromatiche ed agresto con uve o visciole saraci- esche ; ]a j i n0ccliiata al sapore di finocchio ; il savor di pesce era un ’acciugata ; la salsa verde era ^ tta a base di prezzemolo, zenzero, garofali e cannella con aceto ; il savor tartaresco era confe- 4°nato con aglio mondo, mandorle, cinnamomo, zenzero, garofali, zucchero con tuorli d ’uovo ; il So>ore confetto era fatto a base di pane arrostito pesto e misticato con varii aromi e spezierie in- ^ 'S(i nell’agresto (anzi, a proposito di questo succo d ’uva acerba, dirò che molte salse erano a base ^ aSresto, ed alcune di puro agresto, come quella che accompagnava i piccioni, oppure le rane, e Platina proclamava eccellenti soltanto nei mesi di Luglio, Agosto e Settembre perchè vi è * 1 *agresto). Avevano pure la sa lv ia ta con erba salvia, la ru ta ta con ruta, V a g lia ta , la cipollata 1,1 dicendo ; anzi, quest’ultime, miste al sangue dell’animale, servivano a fare la Z e u n ìa , per polli Col°iubi, e hi R o m a n ia per i polli in padella. Venivano poi le salse a base di frutta (che ancora conservano le cucine tedesche ed inglesi), O lllQ • 1 7 ^ - i a brugnata a base di prugne (specialmente marasche) ; la cotognata a base di cotogne ; e (^ 16 a base di more, sia selvatiche che domestiche, come nel moreto ; di succhi di melograno, e |. nella Romania; di visciole, di amarene, di lampone, di ribes, d ’ uva spina detta a macarello, di flUe* r^ es nel'° detto cassis, ecc. Persino alcuni fiori, come quelli di sambuco, di camomilla, da 0lìl1n‘'lco! ecc., servivano a fare le sambucate, le camollie, le sommachie e, finalmente, il sar- °ne e il soldo con il cumino ed i coriandoli, ecc. ^nquanto alla famosa salsa o sapore camelino, fatto all’italiana, secondo la ricetta di Cristiano O n • M 7 7 oioro di Messisburgo, cuoco degli Estensi di Ferrara, era confezionata nel seguente modo : P 'g lia libra u n a d 'u v a p a ss a m o nda e m o llena (mollica) d i tre p a n i b ru ste lla ti (tostati) e m ogliati 81 1,1 molle) in aceto fo r te , e p e sta bene ogni cosa insiem e ; p o i , p ig lia u n a c a ra ffa di buon vino 0 e due bicchieri d i bono aceto fo r te , e distem p era ogni cosa insiem e, e p a ss a p e r la stam ig n a ; ^ 01 a9gh ing eli libra u n a d i m ele e p iù o m eno, sì che a l tuo O iudicio abbia del dolce, & acetoso, Q C*a Una d i ca n nella p esta , ed oncia m essa d i pevere e oncia m essa d i G engevoro, u n quarto de 11° fa n i, e lo p o rr a i in u n vaso, con libra u n a cV Uva p a ss a m ond a, e lo f a r a i sciogliere tan to che
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