COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910

404 CAPO V. battute : ai disfanuo colla forchetta in una ciotola o bacinella, e quando vedrete le chiare sciolte ed amalgamate col torlo, smettete. Le uova frullate devono essere versate appene il burro fuso prende il color nocciuola o quaudo l ’olio (finissimo d ’oliva) comincia a fumare, come si disse nella teoria della frittura. Le frittate si fanno semplici e composte ; semplice è quella così detta in foglio alla fiorentina, che « quando un tale l’ebbe attorcigliata tu tta sulla forchetta e fattone un boccone — piacevolmente riferisce l ’Artusi — si dice ne chiedesse una risma ». « Inquanto alle composte — dette dai metodologisti antichi inherbolate —, ogni erbaggio, o semplicemente lessato o tirato a sapore col burro, serve per frittate, cosi dette « alla celestina » ( 1 ), come può servire un pizzico di reggiano o di lodigiano, solo o mescolato coli prezzemolo o cerfoglio trito od altre erbuccie fine, ed anche con porri come nella fritta ta alla B rillai Savarin, oppure con le cipolline nuove leggermente soffritte. Eccellenti sono quelle colle punte di sparagi, co’ zucchini lunghi primaticci, co’ fagiolini in erba, co’ carciofini, co’ funghi, co’ cavolifiori, co’ piselliui ecc., oltre a quelle più comuni, dette « erbazzoni », che si fanno generalmente con spinaci e bietole no­ velle. Inquanto alle grasse, ottime sono quelle co’ rognoni, co’ granelli, col pancreas co’ fegatini ed altre rigaglie di pollo; col prosciutto (ed anche col lardo, come nelle così dette frittate « rognose » dei ca­ scinali piemontesi) ; e con filetti di selvaggina da penna, come quelli di beccaccia o di beccaccini per co­ stituire le frittate boschereccie. Così, pure, abbiamo quelle magre, cominciando da quelle ripiene di latteruoli di carpione o fegato di lo tta ; di code di gamberi o di gamberette ; di caviale fresco oppure in conserva, e di bottarighe diverse, sia di storione che di muggini ; di salmonidi affumicati e di ventresca di tonno so tt’olio, ed anche di brandata di merluzzo, alla marsigliese, come pure di gianchetti di witebait, d ’ostriche, di polpe di rana, ecc., senza contare i funghi ed i tartufi che convengono e bene si addicono alla maggior parte delle dadolate ricche, specialmente in quelle di selvaggina, di finanziere, e di latte- ruoli o fregole di pesci. Lo Scappi (v. Lib. IV eap. cclxxvj e seg.), da le forinole per Frittate doppie, e per quelle con erbìcine tritate, ecc. T ra le frittate, diremo piatte, uso pannequets, come i Pfannekuchen dei tedeschi, noi abbiamo le così dette « infogliate » o « schiacciate infogliate » dei tra tta tisti italiani del XVI e XVII secolo, come le designa il Komoli, detto il Panunto, che servono ad involgere a ltri camangiari, come « fonduta tritì'o- lata » alla piemontese, le così dette frittate « in riccioli », (che sono al passato di spinaci, ecc. già men­ zionate « al foglio ») e servono a confezionare altre vivande come le « frittate al fogliolo » e le « trippe alla celestina » oppure servono di guarnitura anche per confezionare certe minestre in brodo, come quella detta : « alla Celestina », qualora siano arrotolate come lo strudel e tagliate in forma di nastri, di cialle, di truc- cioli, di dischettini sottili come un pezzo di 2 centesimi, e simili. T ra le frittu re esotiche che hanno, folkloristicaineute parlando, carattere nazionale, degno di menzione è il Mataflan degli svizzeri, che — come la suddetta nostra « infogliata » e le crépes dei francesi — è composta : d ’uova, farina e latte, miste e cotte insieme, quindi fritte in padella. I lussembourghesi hanuo il così detto « Enrico Azzurro » che è una fritta ta ordinaria con conserva di m irtillo. Nei tramezzi dolci, parleremo e tratteremo delle frittate impregnate di liquori e rosoli, oppure ripiene di fru tta fresche e giulebbate. 1515. — Frittata rigon fia (Omelette souffLée). M on tate 4 tu o rli d ’uova in una c a tin e lla con 100 gr. di parm ig iano g ra tta to e sei cu cch iaiate di p an n a sciolta, una p re sa di sale e odore d i noce m oscata. M on tate a n ev e 8 chiare d ’uovo, riu n ite le ai tu o rli, poco p e r vo lta, e v e rsa te il tu tto su di un p ia tto ovale di porcellana, d ’arg en to o d i pirofila, d a teg li forma e p a ssa te la al (1) Non solo i Celestini (appartenenti ad un ordine monacale istituito nell’anno 1254 da Pietro Morone — che poi divenne papa sotto il nome di Celestino V. e seguivano le regole di S. Benedetto — si resero famosi per i loro trovati gastronomici — come afferma il Richelet per quelli di Rouen in Francia, che facevano solente bom bance, al pari dei fra ti citati da Rabelais) inventarono squisite frittate di magro, ma anche i nostri Certosini toscani si erano resi celebri , per questa vivanda di genialità estemporanea — un vero impromptu culinario —; tantoché Beco Sudicio, il poeta popolare fiorentino, cantava, poco ortodossamente : « Val più della Certosa due frittate Che sei benedizion del Padre Abate ».

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