COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol I - 1910

616 CAPO VI. d ’olio d ’oliva, a lte rn an d o le goccie d ’olio con a ltre tta n te goccie di buon aceto d ’O rle an s; finite la salsa con un grano di sale ed un pizzico di zucchero. NB . — I filetti di siqui fanno p a rte dei Zaralcuski o F u o ri d ’opera ru ssi. Del Temolo. Questo squisto salinomele, elie assomiglia molto alla tro ta comune, ma che ha la testa più affilata, è il Thymallus vexillifei• d ’Agassiz, che i Francesi designano col titolo di Ombre comune (da non confondersi coll’ Ombre Chevalier od Umida), e in dialetto lombardo Témol ; sulla riviera del Verbano i pescatori chia­ mano Strisól i piccoli, e quando sono un po’ più grossi (della lunghezza di circa un decim.) Marónscei. F requenta il temolo le acque correnti e piuttosto frigide, al pari della troterella montanina, e raram ente trovasi nei laghi grandi nostrani. Eccellenti i temoli del Ticino, del Verrasca, della Moggia, della Mo- robbia, del Brenno, e quelli del Bellinzonese, del Bellunese, del Casentino toscano, e simili riviere montane. Inquanto alla squisitezza delle sue carni, pareggia quella delle trote montanine, vivendo nello stesso ambiente e nutricandosi colla stessa pastura o plankton. Convengono per la loro leggerezza anche agli sto­ machi deboli. Le sue carni hanno il profumo del timo, donde il suo nome di Tliymallus. Vengono ammanniti i temoli come le trotelline e comunemente cotti in una m arinata, oppure fritti nel burro, impanati a ll’in ­ glese od alla Duglerez, alla Colbert, alla Mugnaia, alla Mastro d ’oste, ed anche sulla graticola, con salsa. 1S33. — T emo l i alla T i c i n e s e . P rim a condizione, d ie siano fresch issim i; p u lite li, lav a te li, a sc iug ateli con g a rb o ; poneteli a cuocere con b u rro , vino bianco dei « e ro tti » di C aprino , poco sale e pochissimo pepe ; scolateli ed asciug ateli ; p a ssa te li n e ll’uovo e nel p a n g ra tta to , qu ind i pon eteli a g rille tta re in una teggliia di pirofila o fiamm inga d ’a rg en to con b u rro d ep u ra to ; app en a av ran n o p reso bel colore, co spargeteli con salsa di pom idoro, agg iungendo dei piccoli funghi in addobbo di Soresina ed olive d ’A scoli enucleate ; finite la salsa con p e zz e ttin i di b u rro freschissim o e qualche goccia di sugo di limone. Delle Tinche. La Tinca vulgaris appartiene alla numerosa fam iglia dei ciprinoidi, come i carpioni ; alligna abbon­ dantemente nelle acque stagnanti dei paduli, dette bolle, quantunque la si riscontri anche nelle pure acque dei laghi e p iù raram ente in quelle correnti dei fiumi. Rinomate sono in Italia le tinche dei laghi : di Bolsena, di Montero 9 Ì, del Trasimeno, di Lugano, di Muzzano, d ’Origlio e del laghetto di Varese in Lombardia, dove, nella così detta « Isola dei tinchetti », V1 è una tratto ria rinom ata per apprestare questi pesci ai buongustai domenicali. Le tinche lombarde hanno colore giallo dorato comune. L a tiuca, come pure il carpione, presentano il raro fenomeno di rum inazione, tra i pesci. Il cibo, giunto nel ventricolo, viene rinviato nella faringe, con movimenti antiperistaltici (come quelli che in noi eccitano il vomito), e dai denti faringei — speciali a tal uso — ulteriormente triturato.

RkJQdWJsaXNoZXIy ODkxNTE=