COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911
c a p o vin. Del pontone ed altri ovini. 11 montone — o meglio il « castrato » —- fornisce, fin dagli antichi tempi, specialmente presso i Greci arcaici che avevano, come hanno tuttora, i rinomati arnos steatopigos, cioè i montoni della coda e dal culaccio adiposo allargato (provenienti in origine, per avventura, dalle razze selvatiche dell’Asia) dalle carni gustose e nutrienti, specialmente il cosciotto o zigotto, che veniva persino posto come pallio, ossia come premio, al vincitore della lotta nei giuochi campali tra soldati ed anche tra pastori, sempre susseguiti da banchetti omerici dove i campioni si cibavano di quei pezzi privilegiati, che avevano fatto rostire nello spiedo, o nei così detti forni ipocausti, cioè sottoterra con pietre roventi, come praticavano g li an tich i Atzechi peruviani ed i bucanieri delle savane, (ricordati da Cooper e da altri scrittori romantici della vita nomade, di quelli avventurieri Caraibi o Indo-americani , che, nel boucacoui rostiscono oppure affumicano le carni degli animali venatori da loro uccisi, specialmente i bisonti, dei quali apprezzano moltissimo la gobba bucanata). Lo stesso dicasi per il Mufflone o pecora selvatica della Sardegna e Corsica. Gli italiani non sono stati mai dei grandi mangiatori di montone, come lo sono invece i francesi, che ne apprezzano e ne gustano assai le carni tanto sapide e nutrienti, specialmente dei così prò* salés del Berry e del Limousino — già menzionati da Bruyerin-Champier, fin dal XVI secolo — come lo sono tuttora, al pari di quelli d ’Aunay, di Coutance e della Hague nel Calvados, e quelli della Camargue, e via dicendo. Il montone di ottima qualità presenta delle carni d’uu rosso che tende al bruniccio, come le carni di capriuolo, e di una grana tanto più fina se la castrazione è stata ben eseguita ; il .grasso è bianco e sodo, e costituisce degli strati più o meno spessi alla superficie (regione renale e pettorale), e nei principali in terstizi muscolari. La carne di montone si distingue da quella del bue per la dimensione ridotta delle ossa e delle masse muscolari. Il suo odore ricorda talvolta quelle delle « baite » o stalle ovine, che viene com pendiato nella designazione di odor caprino, per la presenza di certi acidi bnttirrici, che appunto chia- mansi « caproici », e fanno parte sopratutto del grasso sottocutaneo, odore che in certe razze, come sugli ovini algerini e nei meticci dei merinos, è tanto predominante da rendere le loro carni poco appetenti e quasi immangiabili, poiché l ’odore si sviluppa maggiormente colla cottura, di quanto non si rivela allo stato crudo della carne. La pecora che non ha ancora figliato ha carne fine e tenera (1) ; questa si distingue da quella del montone per la disposizione del grasso nelle regioni dei genitali. L’a r i e t e ha delle masse muscolari più voluminose ; la sua carne è più bruna, meno fine, più dura ; essa sviluppa, sopratutfco cuocendo, un odore sgradevole di sego e di acido caproico, da renderla poco uti lizzabile. La Capra, che alcuui macellai poco scrupolosi tentano di gabellare per montono, la si riconosce per i segnenti dati differenziali : allungamento del collo e dei « zigotti », appiattimento del petto, salientezza della schiena o dorso, piccolezza della coda (il montone ha coda grossa e lunga), ha poco o quasi nulla di grasso di copertura, ed il tessuto cellulare è ordinariamente insufflato per facilitarne lo scuoiament.o; il sego è bianco e sovente abbondante malgrado l ’apparenza di magrezza generale. Alla cottura, questa carne è dura con un sapore particolare che i meridionali chiamano di « crapa ». Il c apro ha il collo ed i zigotti volum inosi, la sua carne ha un’odore di « bestino » detestabile (2). (1) L’emitrago è una capra selvatica dell’H imalaia, il di cui maschio ha lunga criniera e come compresse. (2) Gli abissini preferiscono la pecora al montone ; con quella fanno una vivanda nazionale, un intingolo con pilao di riso e berberi (peperoncino rosso , piccante quasi come quello di caienna ) detta Angera. Anche gli Arabi fanno intingolo di pecora, a preferenza che di montone, che gradiscono mangiare rostito (Méchoui). In Europa, per esempio, nel Lussemburgo, si preferisce la pecora ad altro ovino.
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