COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911
174 CAPO V ili. in pezzetti. Ed è anche con carne di porco che veniva ammannita quella vivanda, menzionata da Ateneo, che chiamavano laustarocacabo, che alcuni dotti interpretarono essere Voglia potrida degli spagnuoli, perchè il cacabium o cacabo era la pentola od olla di coccio. Il porco ammanito alla cinghialesca, dicevasi : more aproginorum. Per terminare : l ’imperatore Claudio era tanto fanatico per la ventresca di porco co’ cavoli, che lo proclamò perfino in Senato. « * Veniamo al medio-evo. « In quei tempi lontani — scrive Paul Lacroix, sotto il pseudomino di bibliofilo Iacob — in cui il suolo era ancora coperto da immense foreste di quercie, l ’allevamento della specie porcina, che ha, come si sa, una predilezione speciale per le ghiande, offriva grande facilità e grandi vantaggi. Pertanto i ve scovi, i principi, i signori facevano nutrire delle numerose gregge di porci sui loro dom ini, sia per fornire le loro mense, come per approvigionare le fiere ed i mercati. « Più tardi l ’usanza si stabiliva — usanza conservata tuttora in molte provincie — che in ogni fa m iglia della città come della campagna si allevasse ed ingrassasse almeno un porco che veniva ucciso e sa lato ad una data epoca dell’anno. A P arigi, specialmente, non vi era borghese che non avesse due o tre maialetti che vagavano per le strade (1). « Uno dei figli di Luigi il Grosso passando, il 2 ottobre 1131, nella strada del Martroi, tra il pa lazzo di Città e la Chiesa di San Gervaso, si sfracellò il cranio, cadendo da cavallo, per essersi un maiale cacciato tra le zampe di quello. Questo accidente motivò un primo decreto reso dalla prevostura (prefet tura di quell’epoca), che proibiva di allevare i porci nell’interno della città ; ma l ’uso inveterato di parecchi secoli resistette a questa proibizione, come a molte altre, poiché noi vediamo, sotto Francesco I, un'« autoriz ziamo » accordato al carnefice di Parigi d’impadronirsi di tu tti i maiali vaganti e di condurli all ’Hotel Dieu (ospedale antico che sorgeva di fianco alla cattedrale di Nótre Dame de Paris), dove gli verrebbe dato, qual compenso, cinque soldi, oppure la testa dell’animale. « Si narra che i religiosi di Sant’Antonio, in virtù di privilegi inerenti alla leggenda popolare del loro santo patrono, che rappresentavasi ordinariamente col suo porco, reclamassero contro questa ordinanza, e conservassero, per molto tempo ancora, eccezionalmente, il diritto di lasciare vagare i loro porci per le strade della capitale. « L ’ostinazione che ciascuno metteva, allora, nell’eludere le prescrizioni amm inistrative emanate su questo soggetto, si spiega colla grande propensione del popolo francese per la carne di porco (2), benché questo gusto tradizionale possa sembrare strano e poco ragionevole in quel tempo in cui questo genere d ’alimentazione malsana passava come generatrice della lebbra, ed allorché la Francia era ancora ripiena di lebbrerie o leprosari ». La carne di porco faceva la spesa, ordinariamente, della maggior parte dei banchetti domestici ; non vi era buona festa in onore della quale: prosciutti, salsiccie, andouilles (sanguinacci), ecc., non venissero serviti a profusione su tutte le mense. E come il giorno di Pasqua, che m etteva fine alle astinenze qua dragesimali della quaresima, costituiva una grande festa del ventre, dove queste carni di porco fornivano (1) Se a Parigi stesso vi era quella poco igienica costumanza, figuriamoci in Italia, e specialmente nelle re gioni meridionali, dove il gnirro, il tonnuzzo fa sovente parte, ancora oggidì, della fam iglia e convive e dorme nello stesso stambio dei suoi padroni (N. d. trad. e comp. Dott. A. Cougnet). (2) Non soltanto ai francesi, ma agl’italiani, agli spagnuoli, ai tedeschi, ai fiamminghi, e persino agli stessi inglesi piacevano le carni di porco. È noto, a questo proposito, l’episodio desunto dalle cronache delle Crociate di Giorgio Ellis — e riferito anche da Walther-Scott nel suo romanzo : Riccardo cuor di leone —■ dal quale si apprende come il monarea inglese, mentre era convalescente in Palestina (1196), avendo dimostralo un desiderio intenso dì mangiare del brodo fatto con della carne di porco — della quale da tanto tempo n’era rimasto privo — e siccome nei paesi mussulmani, per tutto l’oro del inondo non era possibile trovare un maiale, considerato dal Corano come animale immondo e proibito assolutamente il tenerne ; così i cortigiani, temendo Vira terribile del loro sire, ed in seguito a consiglio tenuto tra di loro, pensarono di fa r scannare dal cuoco un giovane mus sulmano, molto adiposo, che squartato e smembrato, vennero parte delle sue carni poste a bollire con sale, pepe, zafferano, altre stufate con cipolle d’Ascalona; ed il brodo e lo stufato arrecato al sire inglese, che tutto trovò squisitissimo, al punto di volere all’indomani gli fosse apprestata anche la testa del presunto maiale. Ora aven dogli il più anziano dei cavalieri del suo seguito palesata la mistificazione subita, Riccardo rise molto di avere mangiato carne di « cane infedele » credendo fosse quella di porco (N. d. trad. e comp. Dott. A. Cougnet).
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