COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911

184 CAPO V ili. 2628 . — Costolette di p o r c o con s a ls a piccante. G rillettate oppure grigliate le costolette, sia panate che 110 . Gotte che siano, salsate le costolette se queste vennero saltate o grigliate a nudo; mandate la salsa piccante a parte, nel caso fossero cotte panate. Guarnite il piatto con cetriuolini sotto acetati. KB . — Si può sostituire alla salsa piccante la salsa Bobert. 2629 . — Costolette di p o r c o f r e s c h e alla c u r la n d e s e . P a ra te e passate nell’uovo frullato, quindi nel burro, delle costolettine fresche di porco ; fatele cuocere sulla graticola e servitele guarnite con cavoli rossi abb rag iati con dei grossi marroni. Accompagnatele, a parte, con una salsa costitu ita da un « rosso » non molto bruno, con succo di un limone e prezzemolo trito. 2630 . — Finti filetti di c a p r io lo con le olive alla Giaquinto (l). Se questa squisita pietanza sarà preparata con cura ed arte, nessuno si accorgerà della sostituzione. In fatti io l ’ho servita moltissime volte ai più grandi conoscitori di cucina, ed a parecchi esperti cacciatori e nessuno di essi ha mai espresso il dubbio che non fosse capriolo. Ecco come si procede : Si tolgono le pellicole, i nervi ed il grasso al numero occorrente di filetti gentili ( mi­ gnons) di maiale. Nell’inverno in Eoma se ne trovano molti e vengono chiamati lombetti. Si incidono profondamente in tu tta lo loro lunghezza, ma senza staccare le due m età; si slarga l’incisione, si bagna con un po’ d ’acqua, e si spiana, adagio adagio, con una maraccetta, for­ mandone una larga fe tta non tan to sottile. Su questa si tagliano dei filetti grossi come un fi­ letto di pollo, si lardellano da una parte, se si vuole (perchè si può anche farne a meno), si collocano in una catinella e si bagnano con una infusione tiepida fa tta con due terzi di aceto, uno d’acqua, scalogni, carote, sedano, poco timo e lauro, due o tre chiodi di ga­ rofani e dei chicchi di pepe. Dopo due giorni di infusione, si liberano i filetti dagli erbaggi, si asciugano su d ’un panno, e si dispongono in una teg lia im burrata. Si condiscono con sale e pepe e si fanno cuocere su fuoco forte in modo che in pochi minuti tu tta l’um idità di cui sono impregnati venga assorbita. Dopo rosolati da ambo le parti, vi si versa del marsala, e dopo assorbito questo si bagnano con due o tre ramaioli di salsa spagnola. Si passano in pulito, si passa e si sgrassa la salsa, vi si aggiunge una o due cucchiaiate di gela­ tina di ribes e si lasciano cuocere pian piano nel forno per circa mezz’ora. Si drizzano poi su un p iatto , con un crostino di pane fritto della stessa sagoma dei filetti, posto fra un filetto e l’altro. Si riempie il centro del piatto con un bel gruppo di olive farcite, si saisano alquanto i filetti e si manda il resto della salsa da parte. (1) Dobbiamo questa ricetta di vivanda , che riesce oltremodo squisita e presentabile anche sulle p iù ricche mense, alla gentilezza del cav. Adolfo Giaquinto , già capo cuoco di ottima fam a in Poma , ed ora direttore-pro­ prietario del diffusissimo giornale II Messaggero della Cucina, che per avventura fu il primo periodico nel Pegno d ’Italia che siasi messo a trattare , con tanta competenza , le più svariate quistioni nel campo gastronomico e cucinario, e promuovere , coi Sigg. G. Frosini ed A . Pettini, un risveglio patriottico per Vadozione di una termi - nologia prettamente italiana da sostituire a quella francese. I l Giaquinto , oltre all’essere anche autore di vari* buoni libri sull’arte cucinaria, è un poeta dialettale romano, che ha saputo acquistarsi un bel nome in quella poesia rancidiana e salace di cui Gioacchino Belli fu maestro e duce.

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