COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911

12 CAPO V i l i. cavallo (colpita persino da bolla di proscrizione da papa Gregorio III, e da interdetto da San Bonifazio, perché l'uso della carne equina era pagano), ma che effettivamente risiedono nel volere paragonare le carni di una vacca estenuata e magra o d’un cavallo sfinito ed esausto con quelle di un bue sano e robusto. La carne di cavallo — ben inteso nelle medesime buone condizioni di quella del bue — subito dopo la macellazione assume una tinta rosso bruna piii o meno cupa ; questo coloramento diventa ancor più ca­ rico, direi quasi rugginoso, come sarebbe la « Terra di Siena » adoperata dai pittori. Sopra un taglio fresco, la carne equina è lucida e come oleosa, tantoché se si applica un foglio di carta bibula su quel taglio, ri­ sulta subito macchiato da oleosità, mentre ripetendo questa prova sulla carne di bue, la prova è negativa. La fibra della carne del cavallo è più molle, più friabile di quella del bue ; essa diffonde — allorché venga per qualche istante soffregata tra le dita — un odore sui generis ohe non si saprebbe definire. Il grasso, qualora esista, tappezza sopratutto le pareti interiori del ventre ; è raro che nella carne del cavallo si trovi quel marmorizzamento — dovuto ad infiltrazione di panicolo adiposo tra le fibre muscolari — che si rin­ viene nel taglio delle carni bovine. Il colore giallo, l'aspetto oleoso e la consistenza molle di questo grasso basteranno a far riconoscere la carne equina. In quanto a quella del mulo e dell’ asino, Le caratteristiche della carne e del grasso del cavallo sono quasi identiche. Per quanto concerne i m igliori pezzi del bue, noi abbiamo la lombata, il filetto, il falso filetto, il filetto gentile, lo scannello, il girello, il cu laccio, le coste e le fracoste, la coscia, l ’osso buco o polpaccio, gli stinchi, ecc. e finalmente la cervella, il midollo spinale, il fegato, la lingua, il palato, i rognoni e tutte le altre parti, cui accenneremo. La bombata (aloyau dei Francesi) è quella parte del bue che va dalla punta d ell’ auca alle prime coste, e nella quale la macelleria comprende il filetto tutto intiero. Laonde questa pezza non può essere giustam ente chiamata lombata se non quando comprende il filetto, controfiletto ed il rumpsteack riuniti. La lombata senza il filetto prende il nome di « conchiglia di lombata ». Se la lombata dev’essere cucinata intiera, il cuoco si lim iterà a raccorciarne la bavetta ; sezionerà il legamento che si trova lungo la schiena sul controfiletto, e questo in differenti punti. Il filetto verrà lasciato alquanto grasso, ed il controfiletto punto sgrassato. Nella pratica corrente, quaudo viene trattata coll’ ab- bragiamento, la lombata viene sezionata trasversalmente in pezzi di circa 3 chilogrammi. Se invece viene rostito è preferibile lasciarlo intiero come praticano g l’in glesi (Vedi Sirloin of beef nei llostiti). La lombata, servita come rilievo, verrà abbragiata o rostita, mantenendola piuttosto sanguinolente se la si preferisce. La lombata abbragiata — salvo che la pezza non sia veramente di qualità sopraffina come le carni di bue inglesi — riesce, generalmente, alquanto secca. In quanto alle guarniture, tutte quelle che s’ addicono al filetto di bue, convengono alla lombata, ma dovranno, preferibilmente, scegliersi tra le grosse : borghese, fiamminga, provenzale, Richelieu, oppure: sedani, navoni, ecc. Il fondo d’ accompagnamento è quello che è indicato per le varie guarniture. Una lombata di 6 Kgr. richiede da 1 ora e mezza a 2 ore di cottura, se rostita; e 4 e più ore, se cotta in umido o abbragiata. Il Filetto costituisce la parte più stimata del bue, specialmente quello che vien denominato « filetto gentile » (filet mignon dei Francesi), conciossiachè il filetto nelle macellerie è rappresentato dal controfiletto. Gl’inglesi perciò non hanno altrettanta stima pel filetto ; gli preferiscono il « falso filetto > o « capo di lombata ». Però essi possono avere queste preferenze, perché i loro bovini, come si disse, sono di primis­ sima qualità. Il F iletto, allorquando deve servire per pezze di rilievo, verrà sempre steccato con lardo ed in certe occasioni anche con stecche di tartufo nero e di lingua scarlatta ; oppure avvolto con una duxelles secca oppure d’una matignon (Vedi questi apparecchi). So il filetto non viene steccato, tagliate a lamelle sottili del grasso d ’arnione ben fresco e mantenetelo aderente alla superficie del pezzo con un adatta legatura. Anche un leggero marinaggio preventivo è consigliabile, come si pratica in molte regioni d ’Italia, special- mente nell’Em ilia ed in Toscana, colla così detta « concia ». Questa marinata può essere praticata, fin dalla vigiglia, oppure soltanto al mattino che si deve cucinare il filetto, ponendo questo in una vaschetta con una leggera marinata (Vedi Marinate) unita a mezzo decil. di madera, avendo cura di rivoltare il filetto di quaudo in quando. Per cuocerlo, ponetelo, colla sua marinata al madera, in una leccarda a bordi alti oppure in bragiera ; depouete sulla sua superficie qualche pezzettino di burro e fate arrostire allo scoperto, irrorando sovente il pezzo in trattamento; salate o metà cottura ed un poco anche alla fine, poiché il sale, attirando i liquidi delle carni non ancora crostellanti per la rosolatura, fa sì che le asciuga. Se servite un solo filetto, bardellatene una metà, l ’altra steccatela, così contenterete tutti. Molti cuochi moderni — tra i quali Mr. Escoffier — consigliano di adottare sempre la steccatura m ista ( panaché ), vale a dire con : lardo e tartufi, o con lardo e lingua, oppure le tre unite, perchè il lardo ha per missione di nutrire la carne durante la

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