COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911
378 CAPO X. a fette, la disporrete su d’una « bordura » fatta con della gelatina, oppure su d’un piatto crostinato con della gelatina. NB . — Nel caso che la galantina si volesse conservare du rante qualche tempo, met tetela in una terrin a lunga, versateci sopra della sugna finissima e quasi consolidata. 3148. — Coniglio c o ’ funghi. P a tto a pezzi, saltellateli nel burro. S d ia cc ia te la casserola con vino b ianco ; aggiun gete il mazzetto guarnito, il condimento, e fate ridu rre. Bagnate quasi a livello con se- midiaccia chiara e m utate la casserola appena giunto ai due terzi della cottura. Passate la salsa, aggiungete 250 gr. di funghi saltellati crudi ; finite di cuocere tu tto insieme. 3149. — Conigli alla paesana . Tagliate a pezzi regolari dei conigli cotti in stufato, aggiungendo in ultimo della salsa peperata bruna ed i seguenti ingredienti : olive bianche snocciolate, capperini dissa lati, giardiniera in aceto, carciofini all’olio, cetriolini all’aceto, funghi all’olio, prugne nere d ’Este, facendo cuocere ancora per un quarto d ’ora. P iazzate in ultimo tu tto in una artistica bordura, attaccata al piatto, eseguita con pane fritto. 3150. — Coniglio co lle prugne alla tede s ca . Tenete, durante 24 ore, in una m arinata fortemente acefala, un coniglio selvatico — oppure di garenna — che av rete spezzato come di regola. P a té sgocciolare ed asciugate i pezzi ; poneteli ad irrig id ire nel burro, poi bagnateli con la m arinata rido tta a metà ed un po’ d’acqua. Aggiungete 500 gr. di belle prugne, già poste in bagno, e m ettete a sa pore con pepe, sale e spezie. Legate la salsa, all’ultimo istan te, con qualche cucchiaiata di gelatina di ribes, e disponete in timballo. Del Ghitfo, dello Seojattolo e d ’a ltr a s e lv a g g in a . Il Ghiro appartiene al genere dei rosicanti ed alla fam iglia dei topi. (Notisi che i nipponici sono anche ghiotti di topi). Ve ne sono 4 specie, ma il più gustoso è il myoxus avellanarius o moscardino , gran mangiatore di nocelle o avellane e di castagne. Benché oggidì siano andati in disuso (salvo nella cucina dei cacciatori di montagna), pur, tuttavia, nella cucina arcaica, specialmente dei Romani, tennero i ghiri nn posto altret tanto considerato che il lepre ed altri piccoli animali selvatici di cacciagione. Celio Apicio li commenda e ne vanta la preparazione in una concia con miele, garurn e pepe ligustico. Anche i Cartaginesi e Punici ammannivano i ghiri in concia, come si legge in Salambò di G. Flambert, nella sua splendida ricostituzione del banchetto datosi a Megara, nei giardini del suffeta Amilcare Barca. In un pranzo offerto a Roma dal cardinale Aldobrandini, nel XVI secolo, ricomparvero i ghiri alla moda romana. Però la carne di ghiro — come pure quella molto grassa della marmotta — non può stare a pari con quella deliziosa dello scojattolo, che come gusto e fumetto supera — secondo me ed altri buongustai — quella del lepre. E come il lepre in intingolo si deve apprestare lo scojattolo, come pure in pastello, che riesce delizioso altrettanto che quello di piccioni. Anche la carne della lontra è stimata da molti, benché sappia di pesciume. L'unico merito è quello di essere permesso il mangiarne anche nei giorni di magro.
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