COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911

DELLA. CACCIAGIONE 379 e Della cacciagione da penna. &e la « caccia grossa », ossìa da pelo — come dicemmo — rimane ancora come nu vestigio atavico del venandi feudale, per la vastità delle riserve sulle quali sovente è confinata e lim itata la grossa selvaggina, riserve date ad enfiteusi ai grandi e ricchi signori dagli stessi comuni a scopo di lucro, ed anche, talvolta, Pei spirito di piaggeria cortigiana ; la caccia dei volatili, sia per la maggior instabilità di questi pennuti, ®*a speeialmente per il loro istinto m igratorio, è diventata più generalizzata ed anche direi più democra- zata. Le emozioni di questa caccia piccola, specialmente per il vantaggio del tiro a volo — così svariato difficoltoso — si succedono più frequentemente, e ripetendosi ad ogni istante, moltiplicano il piacere, se n°n 1 intensificano, malgrado l ’assenza di pericolo, come suol accadere per la caccia grossa, co’ tanti accidenti, auche mortali, cui essa può dar luogo. La caccia in montagna dei tetraonidi, come dei fagianidi, dei fran- c°Hni, delle cotornici presenta em otività svariate, come la caccia sui fiumi ed in palude, ai grossi volatili oserini, ai beccaccini, ai frullini, ai pizzardi, alle pizzardelle, ai voltolini e sim ili. Anche nei boschi la caccia 6 beccaccie, ai tordi, ai merli, alle ghiandaie ; come nei trifogliai, nei spagnari la caccia alle quaglie ; e nei campi, alle allodole, e via dicendo, presentano tante svariate attrattive degne di essere cantate in un egloga virgigliana. Quando Brillat Savarin narra, nelle sue peregrinazioni in America, come si recasse, invitato da un suo onoscente, un ricco possidente ( farmer) del Kentuky, a cacciare in quelle brughiere il tacchino selvatico cock ), ignoto al mondo antico, e come riuscisse a fermare ed abbattere nn di quei colossali volatili, stianto squisiti che decumani, e gode di quel bel colpo di fucile come di una vittoria nazionale, io, j, ^'anto modesto cacciatore, ne risentii più piacere che s’egli mi avesse narrato di avere — come Teodoro Sevelt od il conte di Torino —- cacciata una palla esplosiva dietro l ’orecchio d’un elefante ; oppure di servito di coltello un colossale cinghiale come quello di Calidonia ucciso dall antico re Meleagro, accennai parlando del pollo numidico o gallina di Faraone. Ciò premesso, passo ad enumerare — a volo d’uccello — i principali volatili che contribuiscono ad n'icchire il « guardamangiare » delle nostre cucine, e fornire la materia prima, la sostanza basilare per le 1 svariate vivande, per le mille opera ed ammannimenti artistici dei laboriosi seguaci del Dio Como. ^ _ fagiano è sempre il più bel gioiello del serto gastronomico — tantoché esso fu definito: « il re del 'no » — e(j aj fag ianidi tengono degna corona i tetraonidi, come l ’urogallo, il lagopede, il francolino, jj. f o r n i c i , le starne, le pernici, le quaglie ed altri gallinacei selvatici della montagna e della pianura. v‘ pongo, nell’enumerazione, il suaccennato tacchino selvatico, perchè diventa sempre più raro anche P'il 6j^0re8te noi'd-americane. Nelle plaghe umide, sia boschive che pianeggianti, come nei siti acquitrinosi, °si, nelle marcite, nelle risaie, abbiamo la beccaccia, l ’avocetta, i beccaccini, i frullini, i voltolini, i 0 Pavoncelle, i corrcntini, i chiurli, il cavaliere gambetta, gli occhioni, i pivieri, il piovanello g,.. r?’ tarabuso, la grue, le gallinelle d’acqua, le ardee, gli aironi, i ralli, il caprimulgo, l ’otarda, l ’oca 8°1 tt'1U°*a ^ anePet'^re Mancesi) o piccola otarda. Così nelle acque dei grandi fiumi, dei laghi e negli 1 ch° essi formano, abbondano i trampolieri, i palm ipedi ed i lam ellirostri, cominciando dall’oca sel- tad ^ ° ^ernacca (senza contare i cigni), le anitre, le arzavole o sarcelle, il germano, il barazuolo, il 0 j rn° ° « anitra conigliera », il ciocolone, la folaga, il martinello ed altri che abitano le rive dei fiumi reoi spiaggie marine, sugli scogli, come le sterne o rondini di mare, alcune pernici, come la O la- e la Beccaccia osiricaia. 0me uccelli silvani, oltre alcuni dei già enumerati, abbiamo il colombaccio o colombo ramiero (ramier s{|<<'.'I'l,U;eS')' le tortore, il tordo, il merlo, il rigogolo, detto anche oriolo, l ’upupa o bubbola, il cuculo, tre der 16 ^ U°CellÌ- 1 ues*'* ultim i, di carni squisitissime e tenere, dei quali ben pochi manuali di cucina mo- han 'a ^anno cenno, mentre ne enumerano vari altri, come p. e. le folaghe (macreuses dei francesi), che 'neri ° UDa Carue stopposa, il cui sapore e l ’odore nauseabondo di pesciume ricordano l ’olio di fegato di dai ,'ZZ0‘ ^‘en dietro la eletta e numerosa schiera dei piccoli uccelli frugivori ed insettivori, cominciando jj . rt e* 6 merulidei, dall’ortolano, dalle allodole, che sono i più apprezzati ; in seguito : il fringuello, il ollotto, la ploceido, il verdello, il serino, il fanello, il lugarino, i zigoli, lo strillozzo, il canepino, nnarecchione, le ciugallagre o paroncini, il frusone, il becco in croce (detto anche « pittapin » perchè

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