COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911

496 CAPO XI. Delle Olive. Grandi coltivazioni d’olivi abbiamo in Riviera, nella Toscana, nelle Roinagne, nelle Puglie, nella Ca­ labria, nella Sicilia, nella Sardegna ed in tutte le regioni comprese fra i due versanti dell’Appennino ed i due mari. L ’olivo selvatico risale ai tempi preistorici e precisamente al popolo ebraico : esso fu uno degli alberi promessi della terra di Canaan nella Genesi. Si narra come la palombella lasciata libera da Noè, ritornò a ll’Arca portando nel becco un ramo d’o­ livo, con delle foglie verdi ed è da questa leggenda sacra che la colomba e l ’olivo sono rimasti simbolo di pace. L’olivo fruttifero si crede risalga agli Egizi e questo ci è noto per le scoperte fatte in queste regioni, dove nelle bare delle mummie Egiziane, fra tutti gli oggetti cari al defunto, si trovarono delle foglie e dei rami d’olivo. I Greci trovarono quest’albero nell’arcipelago e n ell’Asia Minore e la consacrarono a Minerva. Ad Aristeo si attribuisce il perfezionamento nel modo di comprimere il frutto, ed il trasporto dell’olivo in Sicilia ed in Sardegna. L ’olivo fu conosciuto anche dai Romani e fu portato nelle isole Canarie, per opera dei F enici. Le olive d’Ascoli nel Piceno erano rinomate per antipasti. Le olive oltre a servire per l’estrazione dell’olio che rappresenta un elemento di grande importanza commerciale nel mercato mondiale, serve anche, dopo avere subito una preparazione speciale, per togliere ad esse quel caratteristico sapore acre e gradevole, come antipasto o anche come guarnizioni in diverse pietanze e ingrediente di salse. Le olive per antipasto possono essere servite allo stato naturale (sia essioate, oppure dopo essere state messe in salamoia con sem i di aneto o di linocchio. Molti commercianti dopo di averle enucleate le riempiono di alici salate e capperi, ripieno ( che molto si addice ), di queste olive im bottigliate, in appositi recipienti o albarelli, ricolmi d ’olio ne fanno un’espor­ tazione grandissima. Servono anche per antipasto le olive nere all’uopo preparate dopo di averle fatte seccare. (Le olive nere di Corfù sono anche delle buonissime qualità, così pure quelle di Calabria e di Spagna). Della Pastinaca. È una pianta analoga alle carote — dette panais dai francesi, alla latina. — Le radici delle pastinache si mettono nel brodo per aromatizzarlo; se ne fanno m inestre; si ammanniscono col burro ed anche in in­ salata; si friggono come le garote. E radice molto nutritiva; le sue foglioline si prestano anche per fare una vivanda assai buona ed aromatica. Tagliate a pezzi, unitamente ad altre verdure e legumi, costituisce la così detta giuliana, del commercio che si fa anche disseccare per zuppe invernali. Alcuni confezionano colle radici di pastinaca una marmellata, colla quale fanno dette torte ad uso seorpazzone — come si fa co’ spinaci, col rabarbaro, colle bietole, colle cipolle bianche — spolverandole leggermente con zucchero. Le m igliori varietà sono: quella lunga grossa e quella piccolissima a forma di trottola; quest’ultima è di gusto zuccherino ed aromatico squisito. Delle Patate. La patata ( Solanum tuberosum) è il più bel regalo che il Nuovo Mondo abbia fatto a ll’Antico. La patata è la cera vergine colla quale il cuoco modella — come lo scultore la creta — l’ornamentazione ed il mon­ taggio delle maggior parte delle vivande. Quando Lord Relaigh recò dall’America del Sud il prezioso tubero (che doveva sfamare, più tardi, l ’Irlanda, sovente travagliata da terribili carestie) dovette ricorrere a degli ar- tificii per potere far diventare popolare quel bulbo che nessuno conosceva e di cui tutti diffidavano. Allo

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