COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911
CAPO XIV. DEI PflSTELiLkl ed altri lavori in pasta da cucina. La pastellaria, ossia l’arte di fare pastelli, pastóri ed altri lavori con pasta, specialmente ad uso pizze, stiacciate unte, torte, crostate, pastelli grassi, oppure sfogliate per ventinvola, crostate ed altri simili da involgere o contenere ripieni di carne, di pollame, di selvaggina, di fegato grasso ecc., era nota agli arcaici ; come, pure, stando ad una forinola di Celio Apieio sul suo « pastello apiciano », cotto nel salacacabium (ossia stampo die veniva cotto in un altro recipiente pieno d ’acqua calda, come nel moderno bagnomaria), si conoscevano quei migliacci o bodini, detti, moder namente, all’inglese : puddlng, come si legge nel libro IV del suo trattato De re Culinaria, nel capitolo intitolato Pandecter. Così, pure, Elio Vero aveva inventato il suo Tetrasarmaco. I j castellari ed i pistores dulciari del Piceno e d’Ancona erano i pili stimati presso i romani, come pure quelli Siculi ed Etruschi. Essi avevano mille modi di presentare le loro vivande di pasta e sotto mille aspetti o figure, stando alla definizione che il poeta Marziale dà alla lavorazione com plicata e svariata dei pastellieri e pistori dulciari, che dice : operimi mille figuras. E colossali de vevano essere certi lavori, desumendone l’importanza da alcuni aneddoti riferiti dagli storici, come quello riferentesi al famoso capitano Scipione (che doveva essere in seguito soprannominato « l’afri cano », per le sue vittorie puniche), il quale avendo appreso, durante la sua censura, che un cavaliere romano aveva, in un banchetto, fatto apprestare, dai suoi pistores un enorme pasticcio delle marche d’Ancona, rappresentante la città di Cartagine, di cui s’era fatto a tavola, l’assedio regolare e la conseguente distruzione ; egli presa in mala parte quella piacevolezza, cassò dall’albo dei cavalieri
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