COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911

592 CAPO XIV. da P. Lacroix da un poema di caccia, e inerita d’essere citata testualmente a titolo di documento della cucina reale nel XIV secolo, così doviziosa e ricercata dai buongustai dell’epoca : Trois perdriaulx gros et reffais Au milieu du pasté me mets; Mais gardes bien que lu ne failles A moi prendre six grosses cailles, De quoy tu les appuyeras. E t puis après tu me prendras Une douzaine d’alonètes Qu’ environ les cailles me mettes , E t puis prendras de ces mâchés E t de ces petits oiselés : Selon ce que tu en auras, Le paslé m’en billeteras. Or te fau lt fa ire pourvéance D ’un pou de lart, sans point de rance, Que tu tailleras comme dé: S’en sera le pasté pouldré. Si tu le veux de bonne guise, Du vert/us la grappe y soit mise, D ’un bien poy de sel soit pouldrè __ .... Fay mettre des oeuf en la paslé, Les croûtes, un peu rudement Faicles de flour de pur froment __ N ’y mets espice ni from aige.... Au four bien a point chaud le met, Qui de cendre ait l’atre bien net; E t quand sera bien a point cuit, I l n’est si bon mangier, ce cuit (1). Rabelais, nel regno ilei Gastrolatri, trova questa lista di pastés de venaison: d'allouettes , de lirons (ghiri), de stamboucs (stambecco), de clievreuils, de pif/eons, de chamois, de cliapons , de lardons, croustes de patés fricassèes. A datare da quest’epoca i trattati di cucina sono pieni di ricette dello stesso genere per fare dei pasticci di pulcini (pastés de poucins), di venagione fresche, di veel o vitello, d’anguille, di bresme e salmoni, di lepratti, di piccioni, d’uccelletti, d’oche, di pollanche e di narrois (mistura di fegato di merluzzo e di pesce tagliuzzato__!?), senza dimenticare i pasticcetti (petits patés), che erano fatti con del bue tritolato e uva secca e che si vendettero al minuto nelle strade di Parigi fino a quando il cancelliere dell’Ospedale (Hospital) ne proibì la vendita, sotto pretesto che un si­ mile commercio favoriva da una parte la ghiottoneria, e dall’altra la pigrizia. Gli antichi pasticci avevano ricevuto, a causa della loro forma rotonda, il nome di torta o tarla, dal latino torta ch’era una micca di pane schiacciata. Questo nome venne in seguito applicato esclu­ sivamente ai pasticci caldi, sia che contenessero dei legumi, della carne, oppare del pesce. Ma, verso la metà del XIV secolo', si denominarono « torte » o « tarte » le pastelle racchiudenti dei latticini, delle erbe, dei funghi, delle frutta, e delle confetture, e « pasticcio » o pastello — pàté dei francesi — quello che involge qualsiasi carne di macello, di porco, di cacciagione oppure di pesce. Umberto II, delfino del Viennese — raccontano gli storici suoi (1 3 3 6 ) — mangiava, alla domenica e al giovedì, due pasticci di pollo ; al venerdì, pasticci di Lorena fatti con ripieni di pesce, dentro una pasta inzuccherata che si friggeva nel burro ; e, al sabato, una torta d’erbe. In Italia erano g ià , sino dalla stessa epoca, rinomati i pastelli d i qualsiasi sorta, come v e d ia m o dalla nota delle imbandigioni d e l pranzo di Galeazzo II ( 1 3 6 6 ) . dove all’ottava portata c o m p a io n o (1) Ecco la traduzione letterale in prosa: « Tre pernici grosse e grasse metti nel mezzo del pasticcio; nia bada bette che non fa llira i, se tu prendessi sei grosse quaglie, sulle quali tu le appoggerai. E poi appresso tu mi prenderai una dozzina di lodolette, che intorno alle quaglie tu mi metti, e poi prenderai dei beccafichi e di questi piccoli uccelletti secondo quanti tu ne avrai, il pasticcio n’imbottirai. Ora f a d ’uopo fare provvista d’un poco di lardo, ma punto rancido, che toglierai come dadi: ne sarà il pasticcio cosparso. Se lo vuoi di buona guisa, d’a­ gresto il grappolo vi sia messo, e grosso come un pisello di sale sia cosparso ... Fa mettere delle uova nella pasta, le crostate un poco rozzamente fa tte di fior di farina di frumento __ Non mettervi nè spezie nè formaggio■■■ Nel forno ben caldo a punto mettilo, e di cenere ben netto il focolare ; e quando sarà ben cotto a punto, non v e miglior mangiare di questo cotto ».

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