COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911

DELLE LISTE CIBARIE E LORO EVOLUZIONE 797 « Interprete dello spirito nazionale, Vittorio Emanuele III ha dimostrato d ’essere, anche in questi giorni, con una iniziativa da tu tti lodata, quella di far sostituire la lingua italiana alla francese nella lista delle vivande per la sua mensa. Si ricorda che da principio la cosa suscitò qualche imbarazzo in Casa Reale, non sapendosi come battezzare con nome nostrano certe pietanze; il Re sorrideva a questi imbarazzi e dava consigli egli stesso. E ad un gentiluomo di Corte così spiegava la sua idea : « L ’Italia ha una lingua pro­ pria, ricca e melodiosissima ; per quale ragione dobbiamo, per un malinteso criterio della moda, ricorrere ad idiom i stranieri I — Ora la moda — osservò l ’interlocutore — grazie a ll’ordine della Maestà Vostra cambierà. — E sarà bene — replicò il Re — dobbiamo difendere, sempre, il patrimonio della nostra italian ità ». Ed egli lo dimostrò, non solo lim itandosi a quello principalissimo della lin gua — che, come sentenziò Edgardo Quinet, (dimostratosi sempre un vero amico dell’Italia) : « vale un popolo » — ma estendendo la sua Regale ed Alta Protezione ai prodotti agricoli ed industriali del paese; anzi, con saggio criterio di giustizia distribuitiva, delle varie regioni, specialmente per quanto si riferisce all’industria agricola, non ammettendo alla sua mensa che vini italiani, come fermamente dimostrò recentemente, a proposito del varo della Regia Nave « Regina Elena », opponendosi che venisse battezzata con sciampagna francese ed insistendo che v e­ nisse recata, invece, una bottiglia di quello italiano. Così, anche per virtù e fermezza di proposito d ’un saggio Re sabaudo, la terra di Euotrio, ed i vini immortalati del ditirambo del salace archiatra dei Gran Duchi Ferdinando II e Cosimo III di Toscana, Fran­ cesco Redi (un cruscante come l ’Averani) venne ritornata al suo antico fastigio, preconizzando un prossimo futuro avvento del Trionfo di Bacco, non solo in Toscana, non solo iu Italia, ma anche a ll’estero, partico­ larmente nella lontana terra di quel nuovo mondo divinato dal genio di Cristoforo Colombo, ed esplorato dai grandi navigatori italiani : Amerigo Vespucci, Giovanni e Sebastiano Caboto, Francesco Antonio P iga- fetta, che per il primo compiè un giro completo di circumnavigazione intorno al mondo. vf * + Abbiamo accennato alle difficoltà linguistiche per creare alcuni pochi neologismi moderni (poiché come per i termini musicali, così, pure, per la term inologia e nomenclatura cucinaria, l ’Italia, essendo stata per vari secoli, maestra e domina delle altre nazioni, perciò non c’era bisogno, per gli antichi termini, che di esumare quelli impiegati dagli aurei trattatisti del nostro glorioso Risorgimento), che corrispondessero a nuove vivande o ad alcuni attrezzi di cucina o di mensa di moderna invenzione ; e queste difficoltà, come dissi, vennero facilmente superate colla buona volontà e lo studio di illustri glottologhi da S. M. invitati a costituirsi in Comitato di revisione delle Liste cibarie della Con vi varia di Corte. A questo proposito, mi piace citare ciò che Brillat Savarin scrive nella Prefazione del suo trattato di Fisiologia del Gusto : « lo conosco , p iù o meno bene, cinque lingue viventi ; il che mi costituisce un repertorio immenso di parole di tutte le lingue. « Quand’io ho bisogno d ’una espressione, e che non la trovo punto nella casella francese , la tolgo dalla ca­ sella vicina ; d’onde la necessità, pel lettore, di tradurmi e d’indovinarmi : è il suo destino. « Io potrei ben fare altrimenti , ma ne sono impedito per uno spirito di sistema al quale io tengo d ’una ma­ niera invincibile.. « Io sono intimamente persuaso che la lingua francese , di cui mi servo, è comparativamente povera. Che fare in questo stato ? Torre ad imprestito o rubare. « Io faccio l’uno e l’altro, conciossiache questi prestili non sono soggetti a restituzione e che il furto di pa­ role non è punito dal codice penale ». Tra le altre espressioni ch’egli ha preso ad imprestito dalie varie lingue, cita il verbo inglese to sip , che significa bere a piccole riprese (in italiano si direbbe meglio a sorsi), ch’egli tradusse siroter. Ebbene la lingua italiana — che secondo taluni sarebbe tanto povera — ha : centellare , centellinare , sorsare, sorseggiare, sorsettinare, e chi più ne ha più ne metta. Quindi, dopo di avere fatta la sua professione di fede come partigiano dei neologisti ed anche dei ro­ mantici , loda i popoli del nord — specialmente g l’inglesi — il di cui genio non si trova mai n ell’imbarazzo per l ’espressione ; egli crea o prende all’imprestito. Noi italiani, invece, rifuggiamo dal fucinare nuovi vo­ caboli, e questo misoneismo ci venne tramandato dai nostri avi, che trovando un largo patrimonio lingui­ stico, per quei tempi, ripugnarono dalTaccrescerlo quando cominciava a scarseggiare e cadere nell’inopia, di fronte all’evoluzione della civiltà e dei nuovi bisogni sociali, che il movimento storico andava creando od inventando, come : nuove macchine, utensili, e nuove vivande e manipolazioni di queste, necessitando

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