COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911

DELLE LISTE CIBARIE E LORO EVOLUZIONE 799 Nel senso di lista delle vivande, la parola non deve essere molto antica nemmeno in francese. L’esempio più vecchio che ne registri il L ittrè, è del Marmontel. In italiano, lista è antipatico perchè ricorda il conto da pagare, elenco è troppo solenue e cattedratico, minuta è di italianità dubbia, specie in questo significato. 0 dunque, come si fa? Si fa come facevano i nostri antichi. Cristoforo Messisburgo, cuoco del duca Alfonso di Ferrara, intitola gli elenchi delle vivande cosi : De­ sinare (o- cena o colazione) data dal Duca eco ., al signor Gran Commendatore , eco. — Bartolomeo Scappi, cuoco di Paolo V, quel Burghesius così superbamente inscritto sopra il frontone di S. Pietro, fa lo stesso, salvo che invece di desinare dice pranzo. Il Romoli. detto il Panunto, non varia altro che nel nome che, per lui, è Convito. Lo Stefani, cuoco del Duca di Mantova, procede allo stesso modo, ma dice Banchetto, parola oggi troppo abusata. Il Vassalli dice Banchetto anche lui. Pranzo dice il Mattei da Camerino ed altre volte Banchetto come il Latini, esercitato nel servizio di vari Porporati e Preneipi grandi. Il Tanari dice Pranzo; e nel Frugoli, lucchese, e nel Gieglier, trinciante dell’ III.ma Natione Alemanna in Padova, appare la parola lista. Coi settecentisti Corrado e Cavalcanti abbiamo minuta, di evidente importazione francese, e finisco per non essere importuno. Per tornare dunque a ll’antico modo italiano, io direi che si potesse scrivere, nel cartoncino, così, per esempio : « Pranzo offerto da S. M. il Ite d’Italia al Corpo Diplomatico il... 1 908 » e qui attaccare la enu­ merazione delle vivande, lasciando nella loro lingua nativa quelle che sono esotiche, specialmente i vini ( Champagne, Bordeaux, Xeres, Büdesheimer, ecc.) e traducendo in italiano quel che sia traducibile, senza l ’affettazione di quei puristi che traducevano Godefroi de Bouillon per Goffredo del Brodo. Sfuggirei anche la moda, che in Francia accenna già a decadere, di far precedere l’articolo alla vivanda com e: Le quaglie arrosto ; le pernici allo Champagrie, riservando l’articolo alle vivande cui sta bene una indicazione tipogra­ fica, come : Il cignale di San Rossore ; il camoscio di Valsavaranclie, ecc. Pel banchetto di chiusura in Napoli del XVI Congresso della « Dante », la elencazione delle vivande fu affidata a Benedetto Croce ed a Francesco Torraca. che adottarono l ’indicazione di Lista dei cibi. Il poulet roti venne tradotto pollo allo schidione. Ma finisco la chiaccherata archeologica e culinaria, colla quale ho voluto ricordare g li usi italiani an­ tichi e non già metter il naso nei fatti di chi è buon padrone in casa sua. È un argomento futile, lo ca­ pisco, ma poiché siamo in riga di italianità, perchè non ci potrebbero pensare, correggendomi se occorre, 1 cuochi, i maestri di casa, i padroni tu tti ? Mi scusi e mi creda Suo dev.mo OLINDO GUERRINI. Il signor M iclietti, capo cuoco dello Splendid Hotel di Roma, propone, a sua volta, un referendum da aprirsi fra tutti i cuochi, capicuochi, e mastri d’oste italiani. Un altro signore, riferendosi a un passo di Annibai Caro, vuole usata la parola lista. Da Fiesole — « antica sede della gente fiorentina » — un assiduo acutamente dice che menu è « una cosa sottile, piccola, ma m inuta » e per minuta appunto si schiera. G. B. Ballesio, in persona, direttore della Gazzetta Ufficiale, rileva, non meno profondamente, come a molte altre sim ili necessità dell’uso moderno soccorra quel provvidenziale volume che s’intitola Fraseologia Moderna, suggerendo, tra l ’altre, la parola distinta. Intervennero anche a prendere parte nel suddetto referendum varie personalità eminenti nel campo pra­ tico dell’Arte di Apicio, e sou lieto di numerare tra queste distinte persone, il collega ed amico cav. Adolfo Giaquinto, direttore proprietario del più antico e m igliore giornale cucinario : I l Messaggero della Cucina di Rom a; e, come il B elli, arguto poeta romanesco; Sebastiano Alicata, altro cuoco valente dello Splendid- Hótel ; Giovanni Frosini, uno dei primi propagandisti in favore della term inologia italiana da sostituirsi a quella francese, e vari altri che, tanto nelle colonne del prefato Messaggero della cucina, quanto E. Romagnoli in quello della Cucina Moderna di Genova, sostennero, in un referendum tra cuochi, di sostituire Gastronota alla parola menu, che, per me, quale Direttore della Rivista Italiana d’Arte Culinaria, non credetti bene di accettare, come quella che, oltre all’ibridismo greco-latino non corrispondente ad un neologismo moderno, non significherebbe altro che la « nota del ventre ». Perciò avrei piuttosto preferito quell’altra sostituzione proposta, non ricordo più da chi, che dice: Vivandoiiota (1). Io, però, usai sempre Lista cibaria. E, posto che nella foga di narrare mi sou lasciato sfuggire il mio modesto Quos Ego! — che non pre­ tendo punto intonare a quello virgiliano di Nettuno irritato contro i venti — citerò, a titolo di documen­ tazione dell’elegante dibattito, il magistrale intervento del poeta e sommo letterato prof. Francesco P a- (1) Tantopiù che dall'antica vivenda, i francesi ricavarono la parola viande, e gl’italiani la parola, d’uso comune, vivanda ; come pure quelle composte : vivandiera, provianda, provenda, prebenda, ecc.

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