COUGNET DA FLIPPARE- L'arte cucinaria italiana vol II - 1911

801 CAPO XVIII. dissi, perchè passate quasi dovunque di moda, salvo che in certe occasioni di banchetti nuziali o battesi­ mali dove gli antichi doni o « buttafuori » sono ancora di rito ( 1 ). Anche il poncio, a metà servizio del pranzo, è ritenuto generalmente una grossolanità da dimenticarsi nelle distinte, ritenuto pure che un gelato, qual’è il poncio, urta contro i principi salutiferi perchè servito ordinariamente fra una portata calda e l ’altra. Resiste ancora alla moda, ossia seguitano a servirsi, con molta insistenza, i così detti formaggi caldi. Me se nel servizio dei formaggi, così come questi ci vengono dati dal salsamentario, si avverte — in un festino o pasto d'importanza — che è una vivanda troppo comune, non crediamo, specie dopo il dilagare assurdo di certe forinole di formaggi caldi, che si possa sostenere per molto tempo ancora l ’ormai vieta innovazione, Chi avesse proposto, alcuni anni or sono, di abolire il ponce nei pranzi di in vito, si sarebbe tirata la croce addosso, sollevando le censure di metà della gente che pranza. Ora si può dire lo stesso in quanto ai formaggi, forse perchè Brillat Savarin sentenziava : « che un pranzo senza formaggio è come una sposa cui manchi un occhio ». La nostra audace teoria può darsi che avrà da incontrare la sua realizzazione assai prima di quanto ci è dato immaginare. Sarebbe a nostro parere più logico restin­ gere il servizio dei formaggi, naturali, nelle colazioni e pranzi di fam iglia, riserbando le frutta ed i dolci a fine di tavola (Dulcis in fundo). Non si può dare maggior letizia per un gastronomo di quella di alzarsi da tavola dopo aver sbocconcellato una darìolina sapientemente confezionata od una nebulosa tortellina col senso di vaniglia. T u tt’al più potremmo consentire di includere i formaggi caldi, freddi o naturali (se di primissima qualità), fra il piatto dell’arrosto e quello del Tramezzo dolce. Ma di ciò il seguito a quando si sarà potuto concretare un ordine di servizi di tavola più logico o meno assurdo d ell’attuale. Per intanto u n ’apposita rubrica di Savory ha già trovato il posto anche in questo libro : nel I volume, da pag. 531 e seguenti. In attesa di innovazioni e di perfezionamenti, diciamo intanto che basta incominciare un buon pranzo servendo una Minestra, sia composta che semplice, o legata, o formata con un passato ; oppure un semplice consumato con aromi in uso in un paese o n ell’altro e con guarnizioni da porsi dentro o da servirsi a parte. In un buffet per ballo è obbligatorio il servizio del consumato nelle tazze, come è d’uso generale la scodella nei pranzi per prendervi la m inestra : però si può talvolta usare della tazza anche nei pranzi qualora la minestra sia costituita di quelle appetitose ghiottonerie di prima portata quali sono usate nel Giapjmue ed in China. Seguirà quindi un fuori d’opera piuttosto piccante o, se nulla vi osta, un pesce o, meglio, dei filetti o fette o tronchi del medesimo. In tal caso è di buon gusto passare insieme una salsa piccante. Ma si abbadi che tutto sia ben disposto, caldo e non troppo volum inoso. Le portate di grossa mole, e special- niente se fuori d'opera, sono mal giudicate dalle persone raffinate. Un rilievo di grossa carne è sempre abbastanza stimato ; si guardi bene di non stancare il commensale col continuo rivolgergli di piatti, salsiera e guarnizioni. Poteva già ritenersi di buon gusto, mandare a parte, col rilievo, delle cassarole in porcellana o d ’argento ricolme di varie sorta di vegetabili od altre composizioni del genere, ma non esitiamo a porre in guardia quei cuoclii o le fam iglie che continuassero in un servizio così antiquato. Anche le guarnizioni debbono lim itarsi a quel numero strettamente neces­ sario per fare un servizio ben ordinato fino a ll’ultimo dei commensali. Si eviti di porre dei passati sul medesimo piatto ove trovasi carne od altre guarniture, e, nel caso, si pongano due cucchiai per ogni por­ tata onde evitare che un cucchiaio ricoperto di vegetabili passati debba servire per prendere delle vivande di un genere ben diverso. Prima d'inoltrarci in altri chiarimenti, ricordiamo che le biancherie a contatto di qualsiasi vivanda, sia pure del fritto, sono possibilmente da evitarsi. Questa è la regola più salutare che si possa insegnare, ed è bene che questa innovazione sia per le prime volte indicata e posta in uso da noi. Alcune cospicue fa­ m iglie, da noi suggerite o consigliate, non usano più delle biancherie per porre al di sotto delle vivande. Perciò se in alcune delle delle nostre ricette sussiste ancora l ’uso della salvietta, lo facemmo per rispetto a ll’opinione di chi formolava la ricetta, ma è sconsigliabile. (1) Citiamo un aneddoto narrato dalla R ivista politica e parlamentare, a proposito di quando Vimperatore Guglielmo l ì di Germania si compiacque presenziare le nozze d’argento di He Umberto 1 con la Regina Mar­ gherita di Savoia. A colazione, pervenne all’imperatore un telegramma. « È una gradita novità dell’Imperatrice, disse al Re Umberto, te la comunicherò più tardi ». Alla sera, a fine di pranzo, quando il lacchè portò in giro la consueta guantiera ricolma di ricche borse di confetti , Guglielmo ne prese una per sè , una per la consorte, tuia ciascuna pei tre figli che allora aveva, e un’altra ancora.... « Per chi è quellaì » chiese il Re. « Questa è.... per la notizia che mi telegrafò VImperatrice^ rispose. Stamane essa mi regalò il quarto figlio... ».

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