Cucina degli stomachi deboli - 1862 copia
RELATIVE AL BUON GOVERNO DELLE VIE DIGERENTI. XIII chimo per gl'intestini tenui, da dove, separatosi il c h i l o, si reca verso l'aurora alla parte destra e bassa del ventre, vale a dire nel fondo di deposito dell'intestino cieco, e da questo, durante la gior– nata e per la via del colon, verso la curvatura sigmoidea situata presso l'inguine sinistro, per portarsi da ultimo nell'intestino retto. Ecco perchè colui che si nutre nelle ore per noi indicate, non eva– cuerà la parte escrementizia di ciò che ha preso se non nella sera del giorno dopo, e precisamente verso le ore undici pomeridiane od anche verso le ore mattutine del di seguente, vale a dire trenta o trentotto ore dopo il pranzo. C §. Cattiva abitudine è pur sempre quella di stuzzicare l'appetito con bibite spiritose od amare prese poco prima del pranzo. Apaìsn la faim, et ne jamais l'irriter. Il molo all'aria libera continuato per più di un'ora è il migliore degli elisir per Tappetilo. Né questo ap– petito potrà mancare a chi ha seguito le norme indicate per i p r i mi due pasti. Quegli che tenta di stimolare il ventricolo, avrà più tardi a lagnarsi dell' inerzia in cui si porrà questo viscere ; perocché ogni stimolo, esaltando, finisce coli'esaurire la potenza dell'organo su cui si esercita ed a gettarlo nella inattività funzionale. 5 5. Quanto alla moderazione da osservarsi nel pasto, s'è già detto e scritto molto. Eccone il precetto di Salerno: — Si tibi deficiant medici, medici tibi fiant Hmc tria: mens lata, requies, moderata diteta. Fra Ginepro ripete a proposito : — Non il troppo dà alimento. Bensì il poco e ben digesto; e altrove: — Molto cibo e mal digesto Non fa il corpo sano e lesto. — // faut se contenir et s'abstenir. — Aggiungerò questo solo, che la stagione nella quale conviene usare molta moderazione nel vitto è la stagione estiva, come quella che non permette una facile digestione di cibi, sopratutto succolenti. Si è infatti osservato che nei climi più caldi l'uomo si ciba assai parca– mente, e che in essi alla intemperanza tengono dietro facilmente le coliche, gl'ingorghi di fegato e le diarree, ascritte per lo più a va– riazioni atmosferiche, ma dovute invece quasi sempre a fermenta– zioni intestinali per digestioni non compiute. L'uomo che da una vita di continuo travaglio passa ad una quasi totale inazione, badi a compensarsi colla sobrietà per non incorrere in qualche malattia o mettersi per lo meno in una condizione di pletora generale. Questo
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