DOTTOR ANTONIO - Il frutteto a tavola e in dispensa - 1887 c
io8 è certo che gli Orientali, nelle loro regioni sabbiose , anno conosciuto di bon' ora i l tartufo del deserto,/ quello che i Siri di Damasco, al dire di Chabreus^ trasportavano sui camelli e che è ancora, per gli. Arabi dell'Algeria, un cibo ricercato. Le conquiste, , le emigrazioni ed i l comercio ne esteser o 1' uso ai Greci e poi ai Romani. Aristotile e i l suo discepolo Teofrasto, tré.secoli avanti l'èra volgare, divinaró la sua natura vegetal e e autonomica, anzi quest'ul– timo dice, che a Mitilene crescevan o per le inon– dazioni del Tiaris che vi. portava le sementi di quest e produzioni sotterranee, ch'egli chiama mysi. Plinio, eco dei pregiudizii del suo tempo e di quelli di Plutarco, racconta che Laerzio Licinio Pretore di Spagna , in Cartagine si ruppe gli incisivi masti– cando un tartufo che conteneva una moneta e chiama il tartufo un bitorzolo, un'escremento della terra, vitium terree. E per molto tempo, suffragante la dot– trina di Galeno, indusse l'errore, che i tartufi fos– sero l'effetto dell'azione combinata degli elementi e del tuono, e si chiamavano gènégés, ossi a figli della terra e degli Dei. Una seri e di spropositi accompa– gnarono i l tartufo attraverso i l Medio Evo fino à noi. Chi lo chiamò un fungo, chi asserì foss e una certa tuberosità di alcune radici, chi la trasudazione degli alberi, chi foss e una speci e dì galla, di muffa — chi infine insegnò foss e un prodotto del morso di certe mosche od insetti su organi vegetali. Non fu che dopo 2000 anni e coll'aiuto del microscopio, che gli scienziati giunsero a persuadersi che i l tar– tufo è un vegetal e vivente di vita propria, e che possied e grani, o semi vitali di riproduzione. Claudio Geoffroy nel 1711, fu i l primo a darne all'accademia delle scienz e in Francia la notizia, e Micheli pochi anni dopo ne dav a i l disegno. Ammessi i semi, naque naturalmente l'idea di ottenerne la riprodu-
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